Appello lavoratrici e lavoratori CUP, ReCUP, Servizi amministrativi del Servizio Sanitario Regione Lazio alle istiuzioni

Egregi Presidenti e Ministro, inviamo la presente lettera/appello alla Vostra attenzione, in qualità di massimi esponenti del nostro Paese ai quali il nostro ordinamento attribuisce anche funzioni di garanzia, controllo e supervisione, affinché i principi e regole dettate dalla nostra carta costituzionale trovino la corretta applicazione in ogni luogo di lavoro, tanto più quando questo è sotto la diretta responsabilità della Funzione pubblica e svolge un servizio essenziale in favore del cittadino.

Siamo lavoratrici e lavoratori che svolgono la propria attività per il Servizio Sanitario della Regione Lazio, presso i servizi CUP (sportello fisico), ReCUP (sportello telefonico) e di supporto amministrativo. Siamo circa 3000 addetti, di cui l’80% donne e tra i quali sono presenti alte percentuali di lavoratori con disabilità. Non siamo dipendenti pubblici, bensì lavoriamo da cinque, dieci, quindici o venti anni per conto di società appaltatrici – cooperative o SRL/SPA – quasi tutte/i con contratti di lavoro a tempo parziale, nell’ambito dei c.d. appalti ad alta intensità di manodopera dove è sempre labile il confine tra appalto genuino di servizi ovvero illegittima interposizione di forza lavoro. Lavoriamo a fianco dei “colleghi” del pubblico impiego e svolgiamo le loro medesime mansioni, eppure a noi vengono applicati Contratti Collettivi differenziati (Terziario, Multiservizi, Cooperative Sociali), tutti economicamente assai più sfavorevoli del contratto collettivo applicato al dipendente pubblico. Inoltre, siamo tutte/i inquadrati in livelli professionali inferiori alle mansioni effettivamente svolte.

Vi inviamo questo appello – redatto unitamente al nostro rappresentante sindacale dei Cobas, l’unica struttura sindacale che in questo momento, anziché unirsi al coro di quelli che dicono che siamo già miracolati ad avere un posto di lavoro, sta interpretando il nostro disagio e sostenendo le nostre iniziative di lotta – perché crediamo sia giunto il tempo di mettere fine alla assoluta precarietà del nostro lavoro e della nostra esistenza. Lo inviamo ora, in quanto in queste settimane sono in corso le procedure di cambio appalto per detti servizi, per le quali sono state ammesse offerte economiche delle società GPI ed SDS ben al di sotto del costo orario a noi spettante, che umiliano ulteriormente la nostra condizione, spingendoci ingiustamente ancora più in basso nella scala professionale.

No, non ci sentiamo miracolate/i, piuttosto ci riteniamo vittime di quel sistema degli appalti finalizzato unicamente a favorire interessi privati, clientele elettorali ed economiche, che sta stritolando da cinque, dieci, quindici o venti anni, i nostri diritti e le nostre vite, sfregiando immancabilmente i principi e le regole della nostra carta costituzionale.

Da cinque, dieci, quindici o venti anni siamo discriminati, in evidente contrasto con la Costituzione, nella nostra condizione di lavoratori, donne, disabili che da sempre fanno il proprio dovere pur di tenere alta la qualità della prestazione sanitaria nella Regione Lazio, nonostante le avversità professionali e personali.

Le nostre retribuzioni e gli inquadramenti assegnati sono in netto contrasto quanto disposto dall’art. 36 Cost. nella parte che prescrive che «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro», e nella parte in cui afferma «in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa», in quanto i nostri contratti di lavoro a tempo parziale, e non per nostra libera scelta, sono in ogni caso insufficienti a garantire una minima qualità della vita.

La nostra lunga storia di precarietà testimonia che siamo discriminate/i nella nostra condizione di lavoratori, donne, disabili, in spregio di quanto affermato nell’articolo 3 «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti la legge, senza distinzione di sesso … di condizioni personali e sociali»; che siamo private/i delle pari opportunità nella carriera professionale, nonostante l’art. 35 garantisca che «la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale del lavoratore», mentre l’art. 37 prevede che «la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore».

In sintesi, la nostra storia testimonia che nella pubblica amministrazione, e in particolare all’interno del servizio sanitario della Regione Lazio, si sta consumando da anni la violazione sistematica degli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36 e 37 della nostra Costituzione, nonché dell’art. 97, in considerazione che pubblici uffici così organizzati non potranno mai assicurare il «buon andamento e l’imparzialità» dell’amministrazione.

Inoltre, veniamo discriminate/i doppiamente, quando l’art. 20, comma 2,, del dlgs 75/2017, nel prevedere percorsi di stabilizzazione, limita tale possibilità ai precari da almeno 3 anni con rapporti flessibili diretti con la pubblica amministrazione, escludendo, quindi, quei precari come noi che per decenni hanno lavorato nella pubblica amministrazione e sono stati il volto e la voce di questa per milioni di cittadini.

Oggi, chi sta trattando sul nostro futuro derubrica la discriminazione da noi subita ad una questione meramente economica, estraendo dal cappello soluzioni al limite della legalità e ignorando che stiamo chiedendo rispetto per il nostro lavoro e che non sia calpestata la nostra dignità.

L’ingiustizia subita da ognuno di noi, per cinque, dieci, quindici o venti anni, può essere risanata solo restituendoci la nostra dignità attraverso il riconoscimento della nostra professionalità, sia in termini normativi che economici, e l’avvio, da subito, di un percorso definitivo per la nostra stabilizzazione.

Ci rivolgiamo alle Vostre autorità, quindi, perché auspichiamo di trovare interlocutori attenti ad ogni violazione dei dettami costituzionali consumati all’interno della Pubblica Amministrazione e Vi chiediamo di ricevere una nostra delegazione al fine di rappresentare compiutamente quanto sopra descritto.

Cordiali saluti.

Lettera Firmata da 439 lavoratrici e lavoratori