BOLOGNA : IL MULINO ESTERNALIZZA, I COBAS NON FIRMANO

ilmulinoCOMUNICATO STAMPA
NON ABBIAMO FIRMATO L’IPOTESI DI ACCORDO DEL 04 03 2015 RIGUARDANTE LA CESSIONE RAMO DI AZIENDA DA PARTE DE IL MULINO A EDIMILL

• Dopo aver partecipato a tutti i numerosi incontri protrattisi fino ad oggi per mancanza di volontà aziendale di addivenire ad un accordo tutelante per i ceduti,
• Dopo aver contribuito in modo sostanziale alla stesura di un testo di accordo contenente una clausola di salvaguardia fondamentale per il reintegro dei ceduti in caso di crisi aziendale oggi totalmente stravolta,
I COBAS non hanno ritenuto di aderire all’ipotesi accordo dando di quest’ultimo un giudizio negativo e mantenendo la posizione di contrarietà alla cessione di ramo, che, peraltro, è stata manifestata fin dall’inizio e tuttora anche dalle altre organizzazioni sindacali

A partire dal mese di dicembre 2014 la Società editrice Il Mulino SpA ha manifestato la volontà di intraprendere un percorso di ristrutturazione aziendale basato sull’uscita dall’azienda di 14 dipendenti per cessione di ramo di azienda con la costituzione di una new-co.

Ieri, 4 marzo c.m., è stata firmata un’ipotesi d’accordo relativa alla procedura di cessione di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 47 della legge 428/90 dalle altre organizzazioni sindacali, e domattina lavoratrici e lavoratori oggetto di cessione la voteranno per confermarla o meno.

I Cobas valutano che non sussistano i presupposti previsti dall’art. 2112 del c.c. (trasferimento d’azienda) per i seguenti motivi:
 non esiste autonomia funzionale da parte della new-co, che, ai termini di legge, deve essere preesistente alla cessione stessa e finalizzata alla produzione di beni o servizi
 mancando tale presupposto la cessione si configura come mera cessione del contratto di lavoro del singolo dipendente, per la quale è necessario il consenso del dipendente il cui contratto viene ceduto.

Riteniamo quindi che il processo sia in realtà una esternalizzazione, ovvero un licenziamento collettivo del personale, in questo caso il processo risulta illegittimo per violazione delle disposizioni previste dalla legge 223/91.

La decisione della cessione è stata presa dalla direzione dopo due anni di cassa integrazione e comunicata senza alcun preavviso ai diretti interessati prima di natale scorso. L’azienda non ha voluto esplorare possibili alternative disponibili quali una migliore gestione delle risorse e del personale: in particolare ci riferiamo al fatto che permane in azienda personale già pensionato da anni con contratti di collaborazione; oppure al fatto che il Mulino si avvale regolarmente di partite iva che, stante le modalità di lavoro svolte (postazione di lavoro riservata, prestazione pluriennale ed in monocommittenza), si prospettano come “false partite iva”. Il numero complessivo è di circa una quindicina di persone. A questi si possono aggiungere altre persone che entro il 2017 matureranno il diritto alla pensione.

Risulta quindi evidente come sia possibile raggiungere obiettivi di razionalizzazione del personale optando scelte diverse senza ricorrere all’espulsione di 14 dipendenti, i numeri ci danno ragione.
Questa strada non è stata percorsa anche perché pare che il progetto della new-co abbia come obiettivo primario l’ottenimento di un finanziamento di circa due milioni di euro dalle banche, che, chiaramente, vedrebbero con molto favore un alleggerimento del personale.

Alle nostre pressanti richieste di inserimento di una clausola di salvaguardia, che prevedesse il reintegro del personale ceduto in caso di crisi aziendale della new-co, l’azienda ha posto condizioni restrittive, a nostro modo di vedere inaccettabili, non dando neppure per certo che la proprietà della new-co rimanga nella sua maggioranza in quota al Mulino.
Ai dipendenti esternalizzati rimane la strada dell’impugnazione dei licenziamenti entro 60 giorni dal momento in cui riceveranno la lettera di passaggio alla nuova azienda Edimill prevista per il 1 aprile 2015.

I Cobas si dichiarano fin da ora disponibili a sostenere tutti quei lavoratori e lavoratrici che intendessero opporsi a quanto loro imposto dall’azienda.

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