Chi danza e chi annega nei luoghi di cultura? Cronaca di un Titanic chiamato cultura italiana

I lavoratori e le lavoratrici Coopculture, di concerto con i Cobas Lavoro Privato, vogliono denunciare la situazione di grave disagio che minaccia le loro condizioni e posizioni lavorative presso le commesse del Ministero della Cultura (MIC), e rendere nota, in particolare, la situazione in cui versano I lavoratori del Museo Nazionale Romano (MNR).

Prima della pandemia da Covid19, in ogni sede del MNR erano impiegate almeno sei unità lavorative, ma con la chiusura di tutti i siti e dei musei, così come per altre realtà produttive, è stata attivata per i lavoratori la cassaintegrazione o FIS a zero ore, la quale ha causato un crollo dei redditi ad un livello tale da essere incompatibile con la conduzione di una vita dignitosa. Malgrado in seguito, sia nel 2020 sia nell’anno in corso, si siano avviate le riaperture a singhiozzo di alcuni luoghi di cultura, ad oggi la crisi di settore minaccia sempre più i posti di lavoro di coloro i quali hanno sempre dato un contributo sostanziale ad un comparto che da solo incide significativamente sul PIL del nostro paese.

Uno dei problemi più importanti emersi in questa fase è che l’azienda, con la scusa di ricevere scarsi ristori da parte dello Stato, continua a non voler impiegare il personale dovuto, spingendo i visitatori all’acquisto online del biglietto d’ingresso. Dunque, oltre alla volontà annunciata di sopprimere i servizi aggiuntivi di cui gestisce l’affidamento insieme a Mondadori Electa, come il servizio di librerie, guardaroba e controllo accessi, Coopculture ha paventato e più volte deciso la chiusura delle biglietterie. Recentemente e in modo unilaterale, Coopculture ha stabilito che durante il turno di lavoro l’addetto alla libreria svolga anche le mansioni di biglietteria e controllo accesso nell’unica libreria ancora aperta presso Diocleziano.

È in questo contesto che Coopculture si muove utilizzando l’accorpamento di più mansioni, l’iniqua ripartizione delle ore di lavoro tra i dipendenti e l’utilizzo quasi prevalente del Fis, a suo escluso vantaggio.

L’esiguità dell’assegno della cassaintegrazione combinata a quanto sopra denunciato incide ancora più negativamente sui redditi da lavoro.

La situazione è tanto più preoccupante se consideriamo che a metà ottobre decadranno la copertura degli ammortizzatori sociali covid19 e il blocco dei licenziamenti. Questa si aggiunge alla mancanza di garanzie sulla continuità lavorativa.

È da ritenersi che, se la dirigenza Mnr non avesse richiesto fortemente la riapertura delle biglietterie e librerie, i lavoratori sarebbero più o meno tutti a casa a zero ore, ovvero tutti in FIS al 100% con conseguente drammatica situazione reddituale. A tal proposito sono stati più volte chiamati in causa i sindacati confederali, i quali si sono, però, rivelati completamente inadeguati non solo nel riportare ma anche nell’ascoltare le rivendicazioni dei lavoratori del MNR, affermando nelle varie assemblee, rivolte solo ai propri iscritti o simpatizzanti, che i suddetti avrebbero dovuto comprendere la crisi in cui versa l’azienda.

Da fonti ufficiose ma attendibili trapela che il rapporto, ovvero il contratto di concessione in essere da decenni tra Coopculture/Mondadori Electa e Museo Nazionale Romano, sarebbe vicino alla risoluzione, con termine ultimo fissato per marzo, ritenuto improrogabile anche in

considerazione del fatto che il rapporto tra committente e concessionario sarebbe inconciliabile per l’incompatibilità della richiesta, da parte del MNR all’azienda, di riavviare

tutti i servizi. In tutta questa situazione è evidente che i lavoratori della concessionaria sono quelli che hanno la peggio, in quanto oltre alla suddetta situazione di indigenza, vedono anche in serio pericolo il proprio posto di lavoro.

La galassia degli appalti divisa in lotti sempre più parcellizzati ha palesemente generato vari gradi di sfruttati e precari a mano a mano che si scende nella piramide dei servizi aggiuntivi che portano più o meno guadagno. Questa gestione privatistica, avviatasi con la nefasta riforma Ronchey del 1993, è finalizzata a privatizzare i profitti nelle mani di pochi e a pubblicizzare le perdite a carico della collettività.

Il barcone del patrimonio culturale italiano sta affondando in un contesto di totale disinformazione.

É il momento di porsi le giuste domande ed esigere legittime risposte.

Cobas Lavoro Privato Coopculture, alla luce di una situazione tanto preoccupante, chiede all’azienda di prendere una posizione formale in merito al futuro della stessa, una posizione ufficiale che permetta ai lavoratori e alle lavoratrici di acquisire consapevolezza dello stato delle cose, senza tentennamenti né ambiguità.

Ciò affinché i lavoratori e i sindacati vicini ad essi possano agire uniti e organizzati nell’individuare e perseguire soluzioni alternative valide, come, ad esempio, una battaglia reale sull’interalizzazione o comunque volta a garantire un futuro occupazionale certo che tuteli diritti e salario di tutti.

Su questi temi Cobas L.P. intende muoversi e chiedere supporto ai lavoratori.

Lavoratori e le lavoratrici Coopculture

Cobas Lavoro Privato