Documento di proposta a “Commissione studio TPL”

Documento di proposta a “Commissione studio TPL” (*) del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Dipartimento per i Trasporti e la Navigazione – D.G. TPL per interventi diretti a riformare il settore del trasporto pubblico locale. (*) come richiesto a conclusione dell’audizione del 10.6.21

Questa elaborazione intende offrire un contributo attraverso riflessioni e proposte che, a giudizio del sindacalismo di base, possono essere utili per far uscire il settore del Trasporto Pubblico Locale dalla crisi in cui versa da anni e che la pesante situazione economica derivante dalla pandemia ha portato alla luce, i tanti nodi irrisolti dell’assetto economico del trasporto locale e regionale, evidenziando le carenze organizzative e strutturali del settore per cui non si riesce dare una adeguata risposta alla domanda di mobilità dei cittadini.

Il sistema dei trasporti e dei servizi pubblici è da tempo ormai oggetto di una ristrutturazione che la crisi economica sta accelerando, con conseguenze devastanti sia per i lavoratori del settore sia per le fasce popolari dell’utenza.

Il capitale privato vuole il controllo di questa ‘fetta di mercato’ rimasta per anni pubblica e lo sta ottenendo attraverso privatizzazioni, liberalizzazioni, esternalizzazioni.

Treni, bus, navi, aeroporti sono oggetto di operazioni più finanziarie che industriali sempre meno orientate al servizio e più funzionali al business. In nome del ‘libero mercato’ vogliono creare un monopolio di proprietà mista pubblico-privato, in cui la parte pubblica pompa fondi statali nelle casse dei soci privati e che controllerà l’intero sistema dei trasporti nazionale.

Le logiche di profitto della privatizzazione pretendono che gli autobus siano utilizzati al massimo della loro capienza e che le linee e gli orari meno frequentati vengano soppressi. I servizi meno redditizi sono spesso proprio quelli indispensabili per le fasce di popolazione più deboli, che nel trasporto pubblico hanno l’unico strumento per esercitare il proprio diritto alla mobilità. Le logiche di profitto della privatizzazione hanno anche impedito il rinnovo del parco circolante, pretendendo lo sfruttamento ad esaurimento di quello esistente.

Per questo dal punto di vista strutturale appare necessaria una gestione pubblica del servizio, che lo si potrà ottenere solo usando gli strumenti dell’affidamento diretto, consentito dal diritto europeo, a società pubbliche di diritto pubblico, con obbiettivi quali il rafforzamento delle linee e degli orari deboli, rinnovo e ampliamento del parco mezzi, rafforzamento della intermodalità ferro-gomma.

In questo processo diventa di vitale importanza nuovi meccanismi democratici di controllo e di gestione da parte dei soggetti che più hanno interesse a far funzionare il sistema garantendo quei benefici sociali, ambientali, sanitari ed economici, cioè i lavoratori del settore, utenti, associazioni di consumatori e ambientaliste.  

Nel sistema dei trasporti quando si parla di bilancio economico e si calcolano gli ‘utili’ bisogna prendere in considerazione non solo quanto entra in cassa alle aziende, ma anche quanto trasporti efficienti fanno incassare o risparmiare al sistema-paese in termini di benefici sociali, ambientali, sanitari ed economici.

Il finanziamento del settore e la ripartizione dei costi deve tenere conto di questo principio. Tutti coloro che godono di quei benefici devono contribuire in rapporto alle proprie possibilità.  La fiscalità generale è lo strumento per fare questo.

Secondo le scriventi OO.SS. sono questi i concetti su cui una vera riforma del Trasporto Pubblico Locale debba posare le proprie basi.

Con questo elaborazione si intende produrre un contributo di riflessioni e proposte che, a giudizio del sindacalismo di base, possono essere utili per far uscire il settore del Trasporto Pubblico Locale dalla crisi in cui versa da anni e che la pesante situazione economica derivante dalla pandemia ha portato alla luce dei tanti nodi irrisolti dell’assetto economico del trasporto locale e regionale, evidenziando le carenze organizzative e strutturali del settore per cui non si riesce dare una adeguata risposta alla domanda di mobilità dei cittadini.

In ecologia si parla di carrying capacity (o capacità di carico) per spiegare che, sulla base delle caratteristiche di un ecosistema, gli individui di una popolazione non possono superare i limiti imposti dalle risorse disponibili.

Nel caso della popolazione italiana un concetto simile a quello di carrying capacity è quello di “impronta ecologica”.

Questa modalità di analisi può facilitare il confronto tra regioni, rivelando l’impatto ecologico delle diverse strutture sociali e tecnologiche e dei diversi livelli di reddito nell’insieme del territorio italiano.

 

Serve analizzare l’impronta media di ogni città e paesi italiani considerando l’Overshoot Day, giorno in cui il consumo di risorse naturali inizia a superare la produzione che il nostro territorio è in grado di mettere a disposizione per quell’anno.

Nel 2019 questo giorno è stato il 29 luglio, nel 2020 è stato il 22 agosto, ora nel 2021 con ogni probabilità tornerà ad anticipare al 29 luglio.

Dunque in circa sette mesi, verrà usata una quantità di prodotti naturali pari a quella che il pianeta, il nostro territorio rigenera in un anno.

Il nostro deficit ecologico, pari a cinque mesi, sta provocando da una parte l’esaurimento delle risorse biologiche (pesci, alberi ecc.) e, dall’altra, l’accumulo di rifiuti e inquinamento, responsabile anche dell’effetto serra.

Più in generale stiamo dunque superando, anzi abbiamo già superato, i limiti delle capacità del pianeta e del nostro territorio di sostenere la popolazione, quindi stiamo gravemente compromettendo anche la biodiversità del nostro territorio. Serve perciò mettere in atto dei sistemi di autoregolazione.

L’inquinamento ambientale, l’alterazione del clima, sono dovuti ad un’economia lineare il cui sistema produttivo funziona in modo ciclico. La conseguenza è una continua crescita dell’inquinamento e un cambiamento climatico sempre più repentino.

Ancora nel 1972 (50 anni fa) nel rapporto del MIT per il Club di Roma, dal titolo “I limiti dello sviluppo”, si affermava che la crescente produzione e trasporto di merci avrebbe fatto crescere l’inquinamento dell’ambiente, l’impoverimento delle riserve di risorse naturali (acqua, minerali, fonti di energia).

Oggi più che mai questa è una sfida che dobbiamo saper affrontare dando risposte che puntino a consentire una vivibilità accettabile e sostenibile.

I pochi mesi di blocco dei movimenti delle persone e di parziale riduzione di attività produttive hanno portato a un miglioramento della qualità dell’aria e a un consumo di risorse naturali nel 2020, ma oggi 2021 la qualità dell’aria si sta riposizionando al 29 luglio 2019 in Italia ed in particolare nel Veneto.

Questo dato va colto non come futura necessità di impedire la circolazione delle persone e delle merci o di non produrre beni necessari, bensì di ripensare i trasporti e le produzioni e attività industriali che puntino ad una pratica di Economia Circolare.

Quindi occorre pensare una “RIVOLUZIONE AMBIENTALE” che, per le infrastrutture ed i trasporti, assume in questo momento storico un aspetto particolare per due ordini di motivazioni che devono divenire organiche e congiunte.

Da un lato gli stanziamenti ed in parte i relativi investimenti per le infrastrutture, dall’altro le direttive della U.E. Sull’impatto ambientale e più in generale le legislazioni recenti ed in fieri in materia ambientale.

Volendo scendere nel dettaglio alcuni nodi sul tappeto:

  • L’adeguamento e potenziamento delle direttrici principali e la razionalizzazione delle reti dei servizi;
  • Il rilancio del ruolo delle ferrovie e del TPL sia sotto l’aspetto gestionale ma ancor di più per l’importanza che può assumere per la mobilità collettiva;
  • Le ormai inderogabili necessità d’interventi volti ad accrescere la funzionalità delle aree metropolitane attraverso un adeguato rilancio delle reti di trasporto;
  • Rivisitare il ruolo e la gestione del trasporto aereo regionale.

Ora questa esigenza di potenziare le infrastrutture è sempre più pressante ed è altrettanto vero e necessario salvaguardare l’ambiente, il territorio, la salute umana e le condizioni di vita e di lavoro… Ovvero occorre rendere compatibile l’infra-strutturazione con la vita sociale.

E’ utile:

  • Fare un bilancio dell’esistente e delle esperienze;
  • Definire una strategia comune per tutto il territorio;
  • Non delegare agli operatori la formulazione di programmi che invece deve avere il supporto di un apparato pubblico tecnico qualificato che abbia una forte capacità di guida e di regia.

Il Trasporto Pubblico Locale in questa prospettiva riveste un ruolo strategico per la mobilità delle persone, sia ne grandi centri urbani che nelle medie e piccole città.

In Italia il sistema delle aziende di Trasporto Pubblico Locale e regionale impiega oltre 124.000 addetti, offre oltre 2 miliardi di chilometri vettura annui, trasporta 5,4 miliardi di passeggeri l’anno e produce, all’incirca, 12 miliardi di Euro. (fonte ASSTRA – SAN PAOLO 2020).

Comunque sconta l’assenza di una visione strategica di medio-lungo termine necessaria per il Nostro Paese.

L’Italia peraltro è un paese dove la percentuale dei viaggiatori che usa l’automobile è ancora alta.

Il Trasporto Pubblico Locale infatti costituisce solo il 14,2% degli spostamenti motorizzati, mentre la restante parte (85,8%) usa auto e moto.

Ora le note vicende determinate dalla pandemia da Covid-19 hanno fatto registrare una riduzione dei ricavi di circa 1,66 miliardi, comunque in buona parte compensati con un “Fondo di indennizzo” inizialmente di 500 milioni di euro.

Dal 2018 ad oggi l’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione si è ridotto per la maggior parte delle imprese, mediamente del 49%, rispetto al 49,7% del 2016, vuoi anche per il blocco del rinnovo del CCNL, scaduto appunto nel 2018.      

Il CEO di Euro Exim Bank Ltd. comunque ha dichiarato che un cittadino che non compra un’auto e non prende soldi in prestito per comprarne una è un disastro, non paga polizze assicurative, non compra carburante, non spende per sottoporre l’auto alla necessaria manutenzione e riparazione, non utilizza parcheggi a pagamento, non causa incidenti rilevanti (che fanno crescere il PIL), non richiede autostrade a più corsie.

 

La filosofia è che queste persone non sono necessarie né utili all’economia.

Inoltre il nostro sistema ed il TPL sono distanti dai valori di altri Paesi europei e si colloca solo al quarto posto.

La struttura del settore vede un Numero di aziende pari a 930 (914 che esplicano servizio di autolinee, 24 che esplicano esclusivamente o principalmente il servizio ferroviario); 7 aziende gestiscono il servizio su metropolitane; 9 aziende gestiscono il servizio di navigazione interna (Venezia in particolare, città di mare, svolge una gran quantità di ore moto); 14 esplicano servizio tranviario.

Con la legge 24 aprile 2017 n. 50 il Fondo Nazionale Trasporti ha sganciato dalle dinamiche fluttuanti dei consumi di carburanti il finanziamento pubblico e con la legge di bilancio 2018 è stato disposta una riduzione del Fondo di 58 milioni a partire dal 2019. Quindi la dotazione complessiva fissata dal D.L. n. 50/17 da 4.932.554.000 € è stata ridotta a 4.874.544.000 € ed ha introdotto una penalità del 15% per i servizi non affidati con procedura ad evidenza pubblica (applicata dal 2021) e, comunque, esclusivamente per gli affidamenti diretti non conformi al Reg. 1370/2007 e s.m.i. e alle disposizioni nazionali vigenti.

Per quanto sopra osservato si fa presente che l’età media dei mezzi è progressivamente aumentata attorno a 12,3 anni (rispetto all’età media europea di 7 anni) e stante lo scenario tendenziale delle risorse attuali sarà destinato ad arrivate a 17,5 anni medi nel mentre il 71 – 73 % dei mezzi circolanti nell’Urbano hanno un’alimentazione diesel e il 99% nell’Extra – Urbano hanno un’alimentazione diesel.

Nell’Urbano i mezzi a metano sono il 25 – 27 %  e nell’Extra – Urbano solo 1 %.

Questi dati configgono pesantemente con lo scenario dell’inquinamento ambientale raffigurato all’inizio.

Le vicende legate alla pandemia da Covid-19 pongono un’altra criticità, la capienza massima dei mezzi che configge con il diritto alla mobilità dei cittadini e travasa ulteriormente la mobilità sui mezzi privati (auto – moto) e determina nuovamente un peggioramento della salubrità dell’aria e un intasamento ulteriore della viabilità delle città, nel mentre la guerra annunciata ai “Sussidi Dannosi”  a partire dal 2019, in attesa che i vari ministeri si accordino per le coperture finanziarie e l’applicazione delle norme, risulta ancora posticipata.

Vale la pena osservare che:

 Il catalogo sui Sussidi ambientali dannosi è stato pubblicato l’ultima volta nel 2016 anche se il ministero dell’Ambiente, a norma di legge (art. 68 Legge 28 dicembre 2015, n. 221), dovrebbe aggiornarlo entro il 30 giugno di ogni anno;

 Ad oggi c’è un’unica edizione, pubblicata nel 2017 con i dati riferiti al 2016, che certifica come l’Italia spenda per finanziare misure dannose per l’ambiente – formulazione letterale dell’edizione ministeriale – (16,16 miliardi di euro/anno), più di quanto sostenga per interventi ambientalmente favorevoli (15,67 miliardi di euro/anno);

 Mentre il Senato accoglieva con tutti gli onori (18 aprile 2019) nelle sue aule l’attivista svedese Greta Thunberg per un seminario sui cambiamenti climatici, contemporaneamente, il Parlamento ha approvato un DEF lontanissimo dalle esigenze poste sullo “Sviluppo Sostenibile”.

Quindi, stante la situazione attuale e la discussione in atto, occorre un intervento per un piano organico e strategico per un trasporto pubblico, a fronte di un mondo dove il petrolio è una fonte in esaurimento ( vedasi sul sito di ASPO Italia  – Associazione  per lo Studio del Picco  del Petrolio – sezione italiana il documento “Blair Fix pubblicato il 16/11/2020 sul blog  Economist from the Top Down”) mentre l’inquinamento è sempre più pesante.

Senza addentrarci in sterili polemiche con sindacati altri e rappresentati di categoria che si dichiarano “preoccupati per le eventuali riduzioni dei sussidi che colpirebbero categorie economiche ed i lavoratori”….  si  osserva che il catalogo identifica si criticità nel settore Trasporti ma dobbiamo chiederci con onestà intellettuale e politica se sia ancora sostenibile che ogni anno vengano erogati:

 11.550 milioni di € x la riduzione dell’accisa del gasolio da autotrasporto rispetto alla benzina, assimilare CIP6, quote “inquinamento” ETS regalate, esenzione per accise aviazione civile (probabilmente da togliere invece di proporre aumenti dei biglietti aerei) e navigazione (come la Costa Crociere che ha 12 navi o la MSC che ne ha 19 – con 6 motori a nafta pesante da 75.600 HW (circa 100.000 CV) – che consumano ognuna 13,8 tonnellate/ora di gasolio; 330 tonnellate/giorno pari a 120.000 tonnellate/anno con relativa emissione di CO2;

 202 milioni di € per Crediti d’imposta per il personale di bordo delle navi internazionali, riduzione costo carburanti nelle zone di confine;

 447 milioni di € con IVA al 4% per agevolazioni per fertilizzanti generici e costruzione di edifici in ambienti rurali;

 3.113 milioni di € per agevolazioni per Acque, Acque Minerali (QUELLE CON LA PLASTICA USA E GETTA), per fitofarmaci = (Pesticidi nelle acque, nel suolo, nell’aria, nel cibo che entrano nel nostro ciclo alimentare e che respiriamo);

 700 milioni di € per crediti d’imposta per acquisti beni strumentali delle imprese nel Mezzogiorno (PRIVI DI VINCOLO AMBIENTALE).

Quindi è il caso di chiarire eventuali spiacevoli equivoci siamo nettamente favorevoli alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili e alla penetrazione dell’energia elettrica nel settore del trasporto su strada ma occorre superare o, almeno, drasticamente ridurre la mobilità automobilistica privata (diesel o benzina che sia) nelle aree urbane, e optare con l’opportunità di ampliare ed elettrificare per primo il trasporto pubblico urbano (su gomma e su ferro) in aggiunta allo sviluppo, prioritario, del trasporto su ferro in ambito regionale e sulle distanze maggiori.

Questo perché le valutazioni delle conseguenze ambientali devono essere calcolate tenendo conto di tutti i processi che consumano risorse di energia nell’intera vita di una merce, di un oggetto, di un veicolo, producendo così costi inevitabili riflessi sull’ambiente: estrazione, trasporto, lavorazione, realizzazione, finanziamento, manutenzione, smaltimento, riciclo, riutilizzo con inevitabile aumento dell’entropia e scarico di “rifiuti” in ambiente.

Riteniamo possibile recuperare da questa fonte il 10% annuo che a partire dal 2021 sarebbe pari a circa 1.601,2 milioni di € all’anno.

Faremmo del bene a noi stessi nel mentre si potrebbe puntare sulla mobilità sostenibile, cioè rilanciare e potenziare l’uso del TPL invece di privatizzarlo, cosa resa ancor più evidente dalle vicende Covid-19 del 2020 ed ancora in corso che, rappresentando una situazione di criticità del TPL attualmente erogato (quantità di corse, sanificazione mezzi, condizioni di lavoro), pone una questione ineludibile…. dare in gestione privata un servizio di tale valenza strategica significherebbe peggiorare la qualità del servizio, le condizioni economiche e normative per i lavoratori in quanto un privato punta in primis al profitto.

Quindi dal punto di vista strutturale appare più che mai necessaria una gestione pubblica del servizio, con meccanismi trasparenti e democratici di controllo e di gestione da parte di soggetti che più hanno interesse a far funzionare il sistema e non solo le Amministrazioni Pubbliche e le Aziende cioè i lavoratori del settore, gli utenti e le associazioni dei consumatori per la gestione e modalità di erogazione del servizio.

Inoltre occorre che l’acquisto dei mezzi di Trasporto Pubblico sia fatto centralmente per ottenere economie e sopra tutto per acquistare mezzi ecologicamente compatibili e non, come oggi accade da parte delle varie aziende di TPL, l’acquisto di mezzi comunque inquinanti in quanto diesel o autobus elettrici che hanno un’autonomia limitata e che per funzionare usano la corrente elettrica prodotta da centrali elettriche a carbone e che hanno  batterie costose e il cui smaltimento è non eco compatibile.

Questo significa esigere che le Amministrazioni pubbliche e le aziende affidatarie di Trasporto pubblico Locale utilizzino la Determina ad acquistare tramite il Consip, la società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che opera – secondo indirizzi strategici, per acquistare , in base alla determina Art. 32 D.LGS. 50/2016, in modo più vantaggioso sulla base del miglior rapporto qualità prezzo per esigenze regionali e collettive e non più discrezionali dei dirigenti delle singole aziende.      

Come abbiamo evidenziato, oggi dopo questa pandemia e comunque in seguito alle criticità che la stessa ha evidenziato, è più che mai necessaria una gestione pubblica del servizio di Trasporto Pubblico Locale (TPL) al fine di garantire qualità, efficienza e sostenibilità.

Una gestione pubblica che deve garantire l’acquisto centralizzato dei mezzi al fine di garantire su questo piano una qualità comune del patrimonio rotabile, una gestione che vada anche nella direzione di distribuire le risorse assegnate per il rimborso chilometrico in modo equo e parificato per il tipo di servizio svolto.

Crediamo in sostanza necessario regolamentare in modo generale i rimborsi chilometrici, che saranno ovviamente diversi per servizi tipo quello acqueo, quello montano, quello tramviario, e quello relativo alle grandi metropoli, mentre per la restante parte delle città o delle Provincie servite dal TPL il rimborso deve essere parificato, non può più essere che all’interno della stessa regione città simili vedano corrisposti rimborsi chilometrici diversi.

Un adeguamento dei rimborsi chilometrici legato anche alle necessità evidenziate dalla pandemia riteniamo possa dare anche la possibilità di implementare i servizi erogati, e quindi ridurre l’uso dei mezzi privati con il conseguente aumento della velocità commerciale e la riduzione delle polveri sottili.

Riteniamo inoltre che nell’ambito di una proposta indirizzata verso una nuova mobilità sostenibile, non si possa prescindere anche di un trattamento equo nei confronti di chi la mobilità la garantisce tutti i giorni, i lavoratori.

Oggi infatti siamo nella condizione di avere lavoratori che pur svolgendo lo stesso lavoro e lo stesso servizio, lavoratori che hanno comunque le stesse responsabilità e gli stessi disagi, percepiscono stipendi diversi con salari spesso al limite della soglia di povertà.

Infatti un nuovo assunto con patente D o E pubblica percepisce attualmente un salario che non risponde minimamente ai rischi ed alle responsabilità della mansione occupata, tant’è che per molti lavoratori diventa più conveniente una volta conseguita la patente necessaria, lavorare come camionista o come autista presso le varie aziende che operano nel turismo dove gli stipendi sono sicuramente più alti.Questa condizione salariale oltre ai nastri orari previsti, vede le aziende del TPL in difficoltà nel reperire risorse umane in grado di sostituire pensionamenti e carenze di organico.

Diventa quindi evidente che se si vuole garantire un TPL sostenibile bisogna certamente investire in strumenti, mezzi e salari adeguati, ripensando totalmente il ruolo e la funzione del TPL che è e rimane un bene comune per tutta la società. 

17.6.2021

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