L’attacco nei confronti del Sistema pensionistico pubblico

L’attacco che il TFR ha subito in forma più violenta e strutturale ha avuto inizio quasi trenta anni fa. L’autore fu il governo Amato. Per cogliere il senso del profondo stravolgimento che a partire dal 1992 ha subito l’impianto del sistema pensionistico in vigore dal 1969, bisogna riassumerne brevemente le caratteristiche. Un modo divulgativo per sintetizzare l’impianto del modello pensionistico, realizzato in un periodo formidabile di lotte sociali ed operaie, era:

La pensione di vecchiaia ti spetta dopo 40 anni di lavoro, nella misura dell’80% della retribuzione dell’ultimo anno lavorativo, cioè il 2% per ogni anno di contribuzione.

   Una definizione sostanzialmente corretta ma insufficiente per cogliere anche solo le caratteristiche essenziali del sistema che lo contraddistinguono: A RIPARTIZIONE nella raccolta e ripartizione delle risorse, RETRIBUTIVO nel calcolo dell’importo delle pensioni.

   A RIPARTZIONE definisce un sistema attraverso il quale i contributi pagati dai lavoratori attivi vengono immediatamente riutilizzati per il pagamento delle pensioni, contestualmente mese per mese, anno per anno, ai lavoratori in pensione. Questo sistema a ripartizione non comporta nessuna tesaurizzazione, nessuna capitalizzazione del risparmio dei lavoratori e costituisce un forte legame di solidarietà intergenerazionale tra lavoratori. Questa scelta si è imposta nel secondo dopoguerra per la constatazione che in tutte le forme di crisi che si erano succedute: bancarie, finanziarie, pandemiche, economiche, belliche, il destino del risparmio pensionistico dei lavoratori era destinato a perdersi. Governi e padronato hanno usato spesso la metafora dei “risparmio evaporato”, in realtà il risparmio dei lavoratori era destinato ad ingrossare i portafogli della finanza più forte sul mercato in quel momento.

…RETRIBUTIVO è il carattere del calcolo dell’importo della pensione, l’unica formula coerente con il carattere “a ripartizione” che mette anch’essa al centro dello Stato Sociale il salario dei lavoratori. La misura dell’80% dell’ultimo salario è ben più che una misura necessaria e dignitosa per la vita dei pensionati, essa ha al suo interno un coefficiente di adeguamento intrinseco, quello rappresentato dalla dinamica salariale senza introdurre arbitrari coefficienti di tipo finanziario/assicurativo.

   Tutti i tentativi di demolire il sistema pensionistico nato nel 1969 hanno sparato a zero nei confronti del metodo di calcolo retributivo e tutti i tentativi, compreso quello indegnamente detto “contributivo” ,hanno tentato e, con la legge Dini nel ‘95 e il suo “perfezionamento” Monti- Fornero, sono riusciti a sostituire il riferimento alla retribuzione con “coefficienti” suggeriti dal mercato finanziario ed in particolare quello Finanziario/assicurativo, esattamente l’opposto di ciò che era serio e compatibile: il valore del lavoro, almeno di quella parte inclusa nel salario e nelle sue dinamiche.

  Il risultato che esplicitamente si voleva ottenere, ed è stato ottenuto, è stato un progressivo taglio alle pensioni, soprattutto quelle dei lavoratori dipendenti. Perché il coefficiente di trasformazione introdotto al tavolino con il compito di ridurre l’importo delle pensioni è stato accompagnato da due ulteriori coefficienti di riduzione: 1) L’indicizzazione a scalare attraverso il taglio ottenuto con l’innalzamento delle aspettative di vita, 2) l’agganciamento all’andamento finanziario del Prodotto Interno Lordo.

Uno degli esiti, spesso non considerato, ottenuto dai passaggi di queste leggi è stato il radicamento ideologico falso della non sostenibilità. Argomento platealmente falso, sul quale ritorneremo spesso in queste pagine, qui basta ricordare che dal 1969 le pensioni previdenziali (quelle per le quali si pagano i contributi) non sono MAI STATI IN DEFICIT:

   Il Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) all’interno dell’INPS è quello che raccoglie il 90% delle contribuzioni ha sostenuto e sta sostenendo con i suoi attivi di bilancio un’amplissima gamma di prestazioni dell’INPS che hanno carattere assistenziale o prebende/regalie. Spese che nel caso delle prestazioni assistenziali (es. invalidità civile, integrazione al minimo…)  dovrebbero essere a carico della Fiscalità Generale, mentre le prebende le regalie sono vergogne che andrebbero cancellate. Negli ultimi 6 anni, dal 2014, i vari governi hanno concesso alle imprese, cioè ai loro padroni e azionisti, oltre 107 Miliardi di agevolazioni contributive che hanno avuto come esito il dilagare del lavoro precario.

   E’ vero che il bilancio dell’INPS è diventato deficitario, ma non lo è per le pensioni previdenziali che sono in attivo, ma per il moltiplicarsi delle prestazioni che l’INPS eroga per conto dello stato e che dovrebbero

gravare esclusivamente sulla fiscalità generale e mai sulle contribuzioni dei lavoratori che non sono generiche tasse, ma risparmio salariale destinato solo alle pensioni previdenziali.

Ermanno, Gaetano, Giacinto e Piero, Rccardo pensionati COBAS Roma

(Tutto processo di trasformazione del sistema pensionistico è stato attuato anche attraverso l’uso improprio che i governi hanno fatto del TFR…ma di questo scriveremo nella prossima puntata.)