LOGISTICA E APPALTI

workers-fistLO SFRUTTAMENTO SELVAGGIO DEL LAVORO NEGLI APPALTI
I cambi di appalto sono lo spettro allucinante per chi ci lavora, perché portano, soprattutto per i contratti part-time, riduzioni orarie e perdite salariali, peggiori condizioni di lavoro e di vita.
In materia di appalti ha fatto spicco nell’ultimo anno la vicenda della LOGISTICA, dove la Cgil, per non parlare della Cisl e della Uil, non ha speso una parola sulle condizioni dei lavoratori e ha, piuttosto, pensato a firmare di tutto di più in favore delle cosiddette operative operanti nel settore.
Questi alcuni problemi del settore della logistica:
Le ex-festività e i rol saranno collegati al Premio di risultato; non ci sarà nessun meccanismo automatico per i passaggi di livello e per i relativi aumenti retributivi; parti sempre più consistenti del salario saranno collegate al raggiungimento di obiettivi produttivi costruiti appositamente per spremere ancor di più, e a costo zero, la forza-lavoro; i diritti saranno sempre più subordinati al profitto.

L’orario dei contratti part-time sarà ulteriormente ridotto e poco importa che quello attuale sia già da fame.
I part-time saranno orizzontali, verticali e misti a seconda delle esigenze arton1308-60f92_3dei padroni, che proveranno a imporre cambiamenti orari e contrattuali al singolo dipendente, facendogli sottoscrivere nuovi contratti individuali favorevoli alle aziende, comprese le cosiddette CLAUSOLE ELASTICHE e FLESSIBILI, previste dalla legge, ma regolate dal Contratto Nazionale, alle quali si affiancherà la possibilità di lavoro supplementare (e nero e sottopagato, ove possibile).

La settimana lavorativa viene portata da 5 a 6 giorni, senza alcun incremento orario e retributivo, così da utilizzare per più giorni allo stesso costo i lavoratori nel modo più elastico e flessibile possibile e fuori da ogni controllo o regola.
Ciò avverrà con la fissazione di una media oraria settimanale calcolata su più mesi, che permetterà di non retribuire le ore non lavorate nei periodi di minore lavoro e farà recuperare le eccedenze orarie accumulate nei mesi di maggior lavoro: il tutto, grazie all’adozione dalla banca-ore, che per il lavoratore vorrà dire anche nessun euro in più per le maggiorazioni per lavoro supplementare o straordinario.

La prospettiva è quella di avere orari variabili da 3 a 10 ore al giorno, con l’obbligo della reperibilità, concessa in cambio di un’elemosina di qualche euro a settimana, col lavoratore costretto, all’occorrenza, a prendere servizio quando il padrone lo deciderà.
In questo scenario non solo le condizioni di lavoro, ma anche quelle di vita, saranno sempre più precarie e le malattie professionali aumenteranno, senza per altro essere riconosciute come tali.
Il sorgere di problemi di salute comporterà le prescrizioni mediche e, conseguentemente, una condizione di ulteriore debolezza del lavoratore, perché le aziende non ci penseranno due volte a ridurre non i carichi di lavoro, bensì l’orario e la retribuzione, facendo sprofondate la situazione economica del lavoratore nella miseria più nera.
Alcuni casi concreti relativi agli appalti
Ci sono Contratti Nazionali che non prevedono la retribuzione dei giorni di malattia breve al 100%, costringendo i lavoratori ad andare a lavorare anche se malati e a peggiorare così il loro stato di salute.
In genere, inoltre, i Contratti Nazionali trattano i ricoveri ospedalieri come ordinarie assenze per malattia, inserendoli quindi nel cosiddetto periodo di comporto, che è la durata massima di assenze per malattia compatibile con la conservazione del posto di lavoro, superata la quale sopraggiunge il licenziamento.

I provvedimenti disciplinari, poi, sono all’ordine del giorno e rappresentano lo strumento di stampo repressivo con cui piegare ogni resistenza e rivendicazione. Uno strumento totalmente in mano all’azienda, per punire mancanze molto spesso inventate o irrilevanti (“non corretto svolgimento di servizi”, oppure ritardi, oppure liti coi capi) con multe, giorni di sospensione, licenziamenti.

Il controllo e la repressione sui lavoratori saranno ancora più forti, se il jobs act cancellerà l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta la video-sorveglianza dei lavoratori e delle lavoratrici (già possibile coi sistemi GPS che permettono di controllare a distanza i dipendenti, le loro pause e i loro spostamenti). E soprattutto se, per dare ai padroni la più completa mano libera per licenziare, verrà cancellato definitivamente l’articolo 18 dello stesso Statuto.
L’interposizione illecita di manodopera avviene quando l’appaltatore si limita solo alla gestione del personale senza fornire autonomo risultato produttivo e in assenza di una effettiva organizzazione di impresa. Di conseguenza non sarà difficile smascherare gli appalti illeciti costruiti solo per gestire il personale al massimo ribasso.

In caso di infortunio, il committente, cioè l’Ente o l’Azienda cha ha affidato l’appalto alla ditta, potrà essere chiamato in causa se non ha svolto un controllo continuo, capillare e pressante sulla organizzazione del lavoro. La ditta deve fornire non solo i dispositivi individuali di protezione, ma assicurare puntuali controlli sanitari.

Il medico cosiddetto “competente” è sul libro paga delle imprese, quindi, occorre fare attenzione che non esprima pareri su malattie e non decida prescrizioni, per decretare la inabilità al lavoro, visto che l’azienda non è obbligata giuridicamente a trovare un nuovo posto di lavoro compatibile con lo stato di salute del lavoratore.

La ditta appaltatrice subisce gli appalti al ribasso da parte degli Enti pubblici? mangioniQuasi falso! Basti pensare che la Legacoop ha inviato disposizioni alle cooperative sue socie per partecipare a ogni tipo di gara e, negli appalti pubblici disciplinati dalla Consip (la Centrale unica per gli “acquisti” al ribasso da parte degli Enti pubblici), le cooperative facenti capo alla Legacoop si sono accaparrate i due terzi degli appalti. Spesso gli Enti pubblici ricorrono alla normativa europea in materia di appalti, ma non sono scongiurati i massimi ribassi della offerta economica. Inoltre, non ci sono le cosiddette “clausole sociali” che impegnino direttamente le ditte appaltatrici ad applicare un Contratto di miglior favore.
Cambia l’appalto?
Passaggio diretto dalla impresa uscente a quella subentrante. Lo prevede, per esempio, l’articolo 4 del CCNL Multiservizi, ma anche altri Contratti Nazionali sanciscono il diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Ma, quando cambia l’appalto ormai è raro che non si riducano gli orari, perché gli Enti o le Aziende che affidano servizi in appalto alle ditte tagliano sempre più le risorse con cui coprire l’effettuazione dei lavori appaltati. Ne scaturiscono degli effetti micidiali, come la riduzione delle ore da assegnare ai lavoratori dell’appalto, la perdita di salario da parte loro, la pressione su di loro perché si tirino il collo per portare a termine, in meno tempo, i servizi previsti nel contratto che richiederebbero ben più ore di lavoro, servizi qualitativamente più scadenti. Tutto questo avviene anche grazie alla disponibilità dei sindacati confederali, se non addirittura alla loro la complicità. È, il momento del cambio di appalto, un momento davvero decisivo del futuro lavorativo dei dipendenti delle ditte. Un momento che ha bisogno estremo della presenza del sindacato di base COBAS, della consulenza e dell’assistenza, attivabile dalle sue sedi provinciali, o da quella nazionale indicata in fondo a questa pagina.

Di seguito segnaliamo una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha condannato il comportamento del datore di lavoro in materia di riduzione dell’orario di lavoro:

(http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2014/10/Riduzione-dell’orario-di-lavoro-condizioni-legittimanti-wki.pdf)

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