Repressione in Poste Italiane S.P.A.: pratica quotidiana

A parte gli annunci di facciata della più grande azienda italiana e del fatto che poste italiane si avvale, fregiandosene, di un codice etico che dovrebbe promuovere la valorizzazione del personale, pochi sono a conoscenza del forte livello di repressione dei diritti e delle istanze dei lavoratori in questa azienda che è divenuta pratica quotidiana su tutto il territorio nazionale. Tant’è che ad esempio anche nel bilancio della stessa spicca chiaramente ed indiscutibilmente la voce che poste spende per “contenzioso del lavoro e procedimenti disciplinari” milioni di euro, infatti nel bilancio 2018 (Corte dei Conti) ben 22,6 milioni di euro. Poste, nel raggiungimento dei propri obiettivi commerciali e di profitto, passa sopra ad accordi sottoscritti, a regole e diritti a partire dallo sfruttamento senza limite del personale precario, ricattato continuamente sotto la scure di un mancato rinnovo, fino a negare le giuste richieste dei lavoratori, sancite anche da accordi sottoscritti, con minacce disciplinari e vie di fatto. Infatti stiamo assistendo ad una recrudescenza delle contestazioni disciplinari e delle relative sanzioni verso chi chiede che vengano rispettati i propri diritti, chi mette in evidenza che mancano i requisiti necessari previsti dagli accordi stessi e con l’arroganza del padrone poste pretende comunque prestazioni non dovute e per le quali fa scattare immancabilmente il piano repressivo, prima le minacce poi la contestazione e infine la sanzione (chi contesta è lo stesso che sancisce la pena). E quando il dipendente “soggetto a trattamento” tenta la via dell’arbitro terzo (l’arbitrato e conciliazione alla Direzione Provinciale del lavoro), il tutto con un costo economico complessivo di poche centinaia di euro, sistematicamente, da ormai più di vent’anni, l’azienda poste italiane non accetta più l’arbitrato ma puntualmente porta i lavoratori dinanzi all’autorità giudiziaria. Con enormi spese di danaro pubblico per poste italiane e cifre insostenibili per i lavoratori salariati, intasando i tribunali per sanzioni spesso di poche ore. Con unica conseguenza, che consolidata questa prassi, spesso i lavoratori rinunciano a far valere i propri diritti e non procedono ad impugnare le sanzioni comminate, proprio per evitare i costi di giudizio e lo stress psico-fisico che comporta una pendenza di giudizio, che poi si protrae per anni. Chiaramente questo “iter consolidato” ha come unico obiettivo quello di inibire i lavoratori nel rivendicare i propri diritti e sostanziare le proprie ragioni ed incanalare la categoria alla totale sudditanza. Questo “modus operandi”, adottato dall’azienda, è anche un abuso dell’esercizio del potere disciplinare e sperpero di denaro pubblico essendo lo stato ancora azionista di maggioranza con oltre il 60%.

Ma non è tutto, particolare riguardo l’azienda lo pone a quei lavoratori anche rappresentanti sindacali, meglio se dei sindacati di base, che, nella loro funzione, chiedendo regole e certezze, condizioni di salute e sicurezza, “disturbano il manovratore”, allora lì scatta, ad orologeria, la contestazione, anche reiterata, ricorrendo ai mezzi più disparati, alla formula della mancata diligenza nell’operato, inventando di sana pianta giacenze e quant’altro, facendo leva magari sulle stesse problematiche denunciate e trovandone, in chi le ha sollevate, il capro espiatorio. Con questa pratica di fatto tentano di annichilire ogni istanza rivendicativa e di fare il vuoto intorno a chi le ha sostenute perché alla stessa stregua del “padrone delle ferriere” non si può mettere in discussione l’operato dell’azienda anche se quest’ultima fa cose contro ogni accordo e regola. La stessa azienda che si auto pubblicizza, tipo mulino bianco, che però ha una visione addirittura restrittiva e ostacolativa della legge 104 di tutela, ma chiaramente questa è un’altra storia.

É necessario rimettere al centro la verità che non sia quella di parte, ricordandoci che anni e anni di lotte hanno sancito i diritti dei lavoratori e non sarà il tentativo di dare un colpo di spugna agli stessi che ci fermerà sulla strada della loro continua rivendicazione. É necessario che anche i cittadini e l’opinione pubblica sappiano quanto cinica e arretrata sia questa azienda che invece si fregia di impersonare il cambiamento e lo fa solo a suon di spot pubblicitari.

COBAS Poste – CUB Poste – SI COBAS Poste – SLG CUB Poste