Parchi Archeologici di Ercolano e Pompei. Il lavoro in appalto è una (ver)gogna!

L’Italia risulta il Paese al mondo con più patrimoni dell’umanità (siti Unesco) e tra i primi con il numero più alto di musei e siti

archeologici ma sin dagli anni Novanta lo stato italiano ha disinvestito sul settore culturale, senza riconoscere le nuove figure professionali e contribuendo a creare lavoro povero, sottopagato e dequalificato.

La politica ha permesso ai privati di lucrare sui beni culturali e ha impoverito i lavoratori , molti dei quali diplomati e laureati, con bandi al massimo ribasso, contratti fantasiosi e stipendi bassi come nel caso dei parchi archeologici di Pompei e di Ercolano, in particolare in quest’ultimo sito culturale il nuovo bando di

gara per l’affidamento dei servizi integrati sta per sfociare in un vero e proprio dramma occupazionale perché prevede un ulteriore inaccettabile taglio ai salari dei lavoratori coinvolti !

Tutto è iniziato con la legge Ronchey del 1993 ed è stato ampliato nel 2004 con il Codice Urbani dei Beni Culturali, nei musei e nei siti archeologici italiani più visitati, da turisti provenienti da tutto il mondo, tutto è stato dato in appalto e in subappalto ad un oligopolio di aziende e cooperative, la biglietteria, il servizio di accoglienza, infopoint , bookshop, call center, guardaroba, pulizie, vigilanza, audio guide, didattica, ecc…

Negli anni i visitatori sono aumentati, e pure gli introiti (complice anche l’aumento dei prezzi dei biglietti) ma a guadagnarci non è lo Stato: nel 2019, anno in cui vi è stato il picco di visitatori, su 69 milioni incassati dai servizi “aggiuntivi” solo il 12% è andato al MIC, il resto alle aziende e cooperative in appalto e concessione.

Sono più di 500 i musei, monumenti e aree archeologiche statali che rientrano nell’indagine Istat del 2020 e migliaia di lavoratori esternalizzati da più di vent’anni

svolgono un servizio pubblico essenziale, sancito per legge anche dal cosiddetto Decreto “Colosseo” di Franceschini del 2015 , garantendo l’apertura quotidiana di tanti istituti e luoghi della cultura visto che al Ministero mancano tuttora circa 8mila persone a causa dei pensionamenti di massa e del trentennale blocco del turn over.

Le parole d’ordine di Cultura 4.0, il piano di riforme e investimenti per l’attuazione del Pnrr – parliamo di fondi per 4,25 miliardi di euro – sono belle e importanti, digitalizzazione, abbattimento delle barriere fisiche e cognitive, transizione verde, rigenerazione, innovazione e ripresa ma lasciano indietro altre parole senza le quali le fondamenta di ogni progetto rimangono di argilla:

assunzioni, arricchimento degli organici, INTERNALIZZAZIONE dei lavoratori privati e precari storici dei Beni Culturali per fermare definitivamente la corsa al ribasso sul costo del lavoro, sui diritti dei lavoratori e sulla quantità e qualità dei servizi offerti.

Per questo sabato 1 aprile 2023 le lavoratrici e i lavoratori in appalto dei Parchi archeologici di Pompei ed Ercolano sono in sciopero e manifestano davanti l’ingresso del Parco Archelogico di Ercolano

Cobas lavoro privato