ACEA: CHI ROMPE non PAGA… E I COCCI SONO DEI LAVORATORI!!
Mentre il governo a livello nazionale gioca allo scavalco del sindacato e alla forzatura del parlamento, sfidando ogni forma di opposizione, anche in Acea si inaugura il nuovo imprinting renziano: l’AD Irace dapprima, nello scorso novembre, ha fatto firmare un accordo – che anticipa per molti versi alcuni passaggi del jobs act – ai sindacati confederali (che dissennatamente lo hanno siglato), e poi li ha liquidati, affidando il “marketing” dell’annunciato piano di ristrutturazione aziendale a un team di “volontari” guidato dal guru di Harvard, John Kotter.
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Il progetto che il team kotteriano propugna assume valore emblematico, non solo per il modo e lo stile con il quale ha preso corpo, che di per sé divide e discrimina i lavoratori negando pari dignità e rappresentanza, ma poiché il trasferimento alla Società Acea800 di decine di lavoratori e l’agitato spettro di centinaia di esuberi cozzano in pieno con l’armonia
solidale del mantra sul “cambiamento”.
Gli episodi citati, infatti, appaiono iscriversi perfettamente nel processo accelerato di mutazione del mondo del lavoro che il jobs act ha avviato e i cui esiti appaiono chiari nonostante le volute mistificazioni: la cancellazione dei lavoratori come soggetti di diritto e della rappresentanza sindacale come controparte.
Del resto, l’incapacità del sindacato confederale di porsi al di fuori del ruolo completamente subalterno che si è dato, che non è stato sindacale ma di intermediazione parassitaria, dà il senso del cambio di scala avvenuto già da decenni nell’ordine delle cose.
Cosicché nonostante fosse sotto gli occhi di tutti l’azione devastatrice di demolizione pezzo a pezzo della funzione di servizio pubblico di Acea (tanto che è persino difficile immaginare il livello raggiunto dai disservizi e dai disagi subiti dalla cittadinanza!), il sindacato confederale ha fatto finta di non accorgersi della foresta nera in cui lavoratori e clienti continuano ad aggirarsi
da almeno un decennio.
Dagli anni della trasformazione societaria dell’Azienda comunale in Società per azioni, il top management di Acea ha concretamente saputo operare un solo formidabile sistema idraulico: un sistema che ha pompato dalle tasche dei clienti e della cittadinanza e che ha travasato profitto nelle tasche del privato, accumulando, al tempo stesso, disservizi, milioni di debiti e la fuga di centinaia di migliaia di clienti dal ramo d’azienda del settore elettrico.
A ciò non è mai corrisposta alcuna urgenza di interventi effettivi chiamati a rendere conto della responsabilità di CdA e dirigenti che non per disattenzione, ma per scelta e convenienza, hanno orientato il disfacimento del servizio e che oggi tentano di trasferirne i costi sul taglio del personale. Nessun sistema fognario nell’intera città di Roma funziona tanto bene come questo scarico di responsabilità che oggi vogliono trasferire sui lavoratori!
D’altronde, appare evidente che il piano di ristrutturazione aziendale dell’AD Irace sia strettamente finalizzato al “Piano di razionalizzazione delle aziende partecipate”, varato da Roma Capitale, che vede la dismissione della quota maggioritaria del pacchetto azionario di Acea come la cambiale già emessa a garanzia del deficit di bilancio capitolino, proprio come farebbe un’irresponsabile famiglia in rovina che invece di rimboccarsi le maniche si impegna le lenzuola.
Filctem-Flaei-Uiltec – che oggi confessano la loro prigionia e impotenza – neppure su questo terreno decisivo hanno mostrato un’iniziativa capace, una reattività e una sensibilità adeguata, lungi dal saper cogliere persino l’opportunità suggerita dall’inequivocabile valore politico del pronunciamento referendario, attraverso il quale è stata espressa – con intelligenza popolare – la scelta sul futuro del “bene comune acqua” e del pieno controllo pubblico delle aziende del
servizio idrico.
In questo senso, il progetto globale di trasformazione aziendale del nuovo AD non si propone neppure lontanamente di invertire le tendenze negative già in atto e intrinseche all’affermazione di un modello di sviluppo che è ormai un incrocio tra feudalità private e far west, aggiornato oggi alla “versione 2.0 kotteriana”, che, in aggiunta, pretende la gestione complice di noi lavoratori a questo tipo di “governance”.
L’unico vero cambiamento, la vera sfida, semmai, consiste nel restituire l’azienda al controllo sano della comunità cui appartiene e di offrire servizi essenziali al di fuori di ogni logica di profitto. Poiché oggi in Acea è in discussione, insieme alla garanzia del posto di lavoro, del peso dei lavoratori e della natura del sindacato, anche la politica generale di questa città ai tempi della crisi. L’unica alternativa è una diversa direzione di marcia e la scelta di priorità di
tutt’altro segno e prospettive.
Per fortuna, sia pure tra limiti e riserve, il nuovo corso che l’AD intende imprimere sta incontrando sonori rifiuti e i lavoratori stanno reagendo con il riemergere di una sensibilità che sembrava attutita, con l’ansa di riallacciare canali di comunicazione e di riproporsi, noi
lavoratori, come forza di cambiamento.
Ben diversamente, perciò, è necessario un disegno alternativo efficace e convinto, una vera mobilitazione pubblica che può prendere corpo solo così: attorno a opzioni coraggiose. Dipenderà dai comportamenti chiari, lineari e intellegibili che, tutti, saremo capaci di dare.
DIMISSIONI DELL’INTERO CdA
REVOCA IMMEDIATA DEL CONSULENTE-GURU DA 45.000 EURO E PIU’
RITIRO DELL’ACCORDO ACEA /OO.SS DEL 27.11.2014.
BLOCCO DI TUTTI I TRASFERIMENTI CAMUFFATI DA MOBILITA’ INFRAGRUPPO
APPROVAZIONE DI UN PIANO INDUSTRIALE SUL QUALE INCARDINARE LA PIANTA ORGANICA E LE RELATIVE RICADUTE CONTRATTUALI E DI LEGGE AL FINE DI:
– mantenere e riqualificare i livelli occupazionali;
– garantire un servizio di qualità all’utenza;
– offrire la tariffa al prezzo più conveniente per l’utenza
Roma, 9 marzo 2015
COBAS LAVORO PRIVATO – CONFEDERAZIONE COBAS
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