Sulle opere buone del “Cavalier Servente”

A giugno del 2024 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha insignito il Presidente del gruppo GPI Fausto Manzana del titolo di Cavaliere del lavoro. A riguardo ci è sorto un dubbio in merito a quali siano i criteri di selezione con i quali il Presidente Mattarella ha deciso di attribuire tale importante onorificenza.

Dal sito “cavalieridellavoro.it” leggiamo che il candidato deve dimostrare di possedere una “singolare benemerenza nazionale” tra cui «aver svolto opere finalizzate all’elevazione economica e sociale dei lavoratori, contribuendo in tal modo all’eliminazione dei divari esistenti».

Orbene, la GPI è certamente leader nazionale nel settore dei servizi offerti alle strutture sanitarie pubbliche, occupando oltre 7000 unità. In particolare, l’azienda si occupa di gestire in appalto i servizi amministrativi, gli sportelli fisici CUP e gli sportelli telefonici delle Aziende sanitarie pubbliche, con oltre duemila dipendenti solo nelle strutture sanitarie pubbliche del Lazio, alle quali in sostanza fornisce “forza lavoro”.

Peccato, però, che il personale GPI addetto a questi servizi è ben lontano dal percepire una qualsiasi elevazione economica e sociale. Inoltre, questi lavoratori e lavoratrici il divario, oltre che la discriminazione, tra la loro condizione e quella dei colleghi dipendenti diretti delle ASL, lo sentono bruciare sulla pelle oramai da decenni e con il passaggio a GPI il divario semmai si è aggravato ulteriormente.

Inquadramento: il personale è, in stragrande maggioranza, contrattualizzato al secondo e terzo livello del CCNL Multiservizi, inquadramento molto più basso di quello spettante per lo svolgimento delle attività necessarie a garantire le prestazioni sanitarie al cittadino presso gli sportelli CUP e negli uffici amministrativi. I Cobas stanno patrocinando centinaia di ricorsi legali per far riconoscere a questi lavoratori il giusto inquadramento, tramite lo studio legale “Lavoro Vivo” e gli avvocati Guglielmi, Fasan e Cingolo. A giungo scorso, il Giudice del Lavoro Pucci ha riconosciuto ai primi 24 ricorrenti il diritto ad essere inquadrato al quarto livello fin dall’inizio del rapporto di lavoro con GPI. Un giudizio che ancora non ci soddisfa ma che perlomeno sgombera il campo dalla tesi aziendale secondo cui questo personale svolga mansioni ripetitive e semplici, tipo data entry.

Part-time involontario: la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori, oltre ad essere sottopagati, hanno contratti a tempo parziale di 20, 25, 30 ore e rientra, quindi, in quella categoria denominata dall’INPS “lavoro povero”, cioè percepiscono retribuzioni inferiori al cosiddetto “salario minimo costituzionale, cioè una retribuzione che non è «sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa», come disposto dall’art. 36 Cost.

Abuso del part-time: una delle prerogative del contratto part-time è quella che deve contenere la puntuale indicazione dell’articolazione dell’orario di lavoro nel giorno, nella settimana, nel mese, nell’anno. Ciò per garantire al lavoratore, almeno, la concreta possibilità di conciliare il rapporto di lavoro con un’altra attività lavorativa ovvero con le esigenze personali. Diversamente da quanto previsto dalla legge, quasi mai gli orari di lavoro comunicati da GPI ai propri dipendenti in forza presso le strutture sanitarie del Lazio, peraltro continuamente variati, sono stati coincidenti con la griglia oraria contenuta nel contratto individuale. Né, tantomeno, la GPI ha mai pensato di riconoscere a questo personale, senza peraltro mai riconoscere le maggiorazioni previste dal CCNL in tali casi. Allo stesso modo la GPI ha mai riconosciuto le maggiorazioni al personale comandato in servizio nel sesto giorno lavorativo, così come previsto dal CCNL.

La realtà lavorativa vissuta in GPI, quindi, non ci sembra possa rappresentare un bell’esempio di elevazione economica e sociale dei lavoratori”, al contrario è l’esempio specchiato del lavoro povero e precario che tanto piace alla pubblica amministrazione del nostro “bel paese”.

I Cobas, nel frattempo, rimangono a disposizione per tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che vorranno far valere i propri diritti nelle piazze e nei tribunali.

Roma, 9 ottobre 2024