Nelle ultime settimane, un vento preoccupante si abbatte sul clima aziendale, con un’escalation di provvedimenti disciplinari che culminano, inaccettabilmente, in diversi licenziamenti.
Dopo le minacciose dichiarazioni al tavolo sulle presunte “irregolarità” nello smart working, ora assistiamo a una repressione che contesta la violazione del codice etico e del vincolo fiduciario per una presunta “anomala commercializzazione” dell’offerta PORTA UN AMICO IN TIM.
Il numero dei colleghi e colleghe coinvolte cresce di giorno in giorno. Al di là delle singole situazioni, che affronteremo con la dovuta attenzione e tutela, riteniamo urgente sollevare alcune riflessioni che interpellano direttamente l’azienda.
Se il fenomeno è così vasto e diffuso come le continue segnalazioni ci indicano, è imprescindibile analizzare a fondo le cause strutturali che lo hanno generato. Non si può liquidare la questione con meri provvedimenti disciplinari: un comportamento così esteso non nasce certo dalla volontà del singolo dipendente.
È inaccettabile che l’azienda derubrichi tali azioni a mero interesse personale. Il fulcro della questione è l’acquisizione di clientela, un obiettivo primario, soprattutto in un settore di business che ha sofferto negli ultimi anni. Se, come TIM stessa ha comunicato, si sono registrati miglioramenti, è evidente che l’acquisizione di nuovi clienti è stata una priorità condivisa.
È necessario interrogarsi sull’adeguatezza del sistema di incentivazione e vendita, che coinvolge personale non sempre formato in modo specifico per determinate attività e, di conseguenza, con una conoscenza superficiale delle procedure e dei comportamenti da adottare.
Infine, di fronte a una tale mole di presunte violazioni, è doveroso riflettere sull’efficacia e la chiarezza della comunicazione aziendale, che evidentemente non è stata univoca se ha indotto un numero significativo di persone a comportamenti oggi contestati.
Crediamo fermamente che un clima di questo genere mina profondamente ogni prospettiva di futuro e di collaborazione. Basti pensare che questo approccio, di fatto, paralizzerà la possibilità di acquisire ulteriori clienti attraverso questo canale. Chi oserebbe più proporre un codice a un conoscente, correndo il rischio di sanzioni disciplinari per un beneficio economico irrisorio?
Forse è qui che si annida il vero problema: un SALARIO INADEGUATO, bloccato contrattualmente da anni, eroso da ammortizzatori sociali e costretto a inseguire una crescita attraverso meccanismi incentivanti distorti. Di tutto ciò un’azienda che si appresta a licenziare con queste motivazioni dovrebbe tenere seriamente conto.
Siamo convinti che anche altre OO.SS. stiano riscontrando la portata di questo fenomeno a livello nazionale. Per questo, chiediamo un’assunzione di posizione unitaria e una richiesta congiunta di un confronto urgente con le Relazioni Industriali di TIM.
Ai colleghi e alle colleghe che ritengono che questa vicenda riguardi solo i diretti interessati, chiediamo di riflettere: siamo sicuri che sia così? O non ci troviamo di fronte a un problema più ampio che merita di essere affrontato collettivamente?
Roma 07/05/2025
COBAS TIM