In questi giorni stiamo piangendo i morti, solidarizzando e aiutando la cittadinanza sommersa dall’acqua e dal fango, difendendo le lavoratrici e i lavoratori ai quali in molte aziende pubbliche e private vengono tagliati salari e diritti. Non accettiamo però la retorica di chi, essendo parte in causa in quello che è un disastro annunciato, vorrebbe il silenzio sulle responsabilità “perché ora è il tempo della solidarietà”.
Per noi solidarietà e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia e non si possono disgiungere.
La popolazione, le lavoratrici e i lavoratori dell’Emilia-Romagna sono stati investiti da una immane catastrofe che, nonostante l’eccezionalità degli eventi, ha chiare responsabilità politiche.
Cementificazione, consumo di suolo, pessima gestione del territorio, cattiva e scarsa prevenzione e manutenzione, impoverimento e svuotamento degli uffici pubblici preposti, scelte politiche assoggettate alle logiche tossiche e malate del profitto sono solo alcune delle cause che hanno portato alla devastazione di tutta la Romagna e di parte dell’Emilia.
Responsabilità messe nero su bianco negli studi di Ispra e della stessa Arpae che fra le altre cose hanno analizzato gli effetti della ridicola legge regionale sull’urbanistica del 2017 e dalla denuncia della generalità delle associazioni ambientaliste dell’altrettanto ridicolo l Piano per il Lavoro e il Clima del 2020.
La prima aveva la pretesa di limitare il consumo di suolo, ma con deroghe ad hoc che, di fatto, hanno aumentato lo sviluppo di cemento nelle aree alluvionali. Nel secondo la Regione e i suoi fedelissimi sindacati concertativi, nel solito stile autocelebrativo, si erano dati la mission di far fronte e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Ebbene sono due strumenti che hanno completamente fallito e perciò non possono e non devono diventare, nell’ambito della ricostruzione e del lavoro, un ulteriore modello speculativo sulla pelle della popolazione, delle lavoratrici e dei lavoratori che già ne subiscono le nefande conseguenze.
Sia ben chiaro fin da ora che ammortizzatori come CIG e FIS non sono una risposta efficace rispetto al reale bisogno.
Né lo può essere la contrattazione decentrata e di secondo livello tra aziende e sindacati concertativi, che sono gli stessi interlocutori che siedono nel fallimentare tavolo del “piano per il lavoro e il clima” Non occorrono e non possono essere tollerate intermediazioni, chiacchiericcio e accordi al ribasso.
Devono essere resi disponibili fin da subito fondi per il ristoro diretto delle lavoratrici e dei lavoratori che non possono svolgere la propria attività lavorativa a causa dell’emergenza e delle conseguenze catastrofiche del maltempo e della mala gestione del territorio, o che hanno perso tutto, casa e lavoro.
Un ristoro che, contemplando anche il blocco di tutti i licenziamenti, deve garantire il 100% delle retribuzioni e dei contributi non lasciando alcuno spazio a nessuna riduzione e a nessuna ombra come, invece, è accaduto durante la gestione della pandemia da covid-19.
Una copertura del 100% dei salari che si può trovare in prima istanza dirottando la totalità delle risorse dalle opere inutili e disastrose, partendo dallo stralcio di tutte le politiche e le logiche di cementificazione e consumo di suolo, come ad esempio il progetto Passante per Bologna, la cui spesa di quasi un miliardo di euro deve essere messa a disposizione delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.
Analogamente, in un ambito più generale anche di ripensamento del sistema produttivo, vanno completamente rivisti gli standard del PNRR, ma soprattutto vanno azzerate tutte le spese militari e di guerra che, invece, devono essere investite a sostegno e supporto della messa in sicurezza del territorio e per porre in essere misure concrete di fronte all’impatto dei cambiamenti climatici.
Rivendichiamo per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori colpiti dall’alluvione:
la garanzia del 100% delle retribuzioni e dei contributi;
il blocco di tutti i licenziamenti;
la proroga di tutti i contratti a termine;
il blocco degli sfratti;
la sospensione delle rate d’affitto e dei mutui;
il blocco del pagamento delle utenze (luce, gas, acqua);
un reddito dignitoso a disoccupate e disoccupati.
Come sindacati di base e conflittuali vogliamo portare queste parole d’ordine dentro i percorsi unitari che si stanno aprendo in questi giorni per rivendicare una diversa politica del territorio adeguata ai cambiamenti climatici nel segno della giustizia sociale.
COBAS Confederazione – Sindacato Generale di Base – SiCobas nazionale – Unione Inquilini – USI-Cit