“Coop dice addio a Roma” Ma de che!

Cosi Unicoop Tirreno s’indigna e s’ingrugna perché una testata giornalistica (Repubblica) attribuisce alla Cooperativa la decisione di cedere i 54 negozi di Distribuzione Roma situati nella Capitale.

Con una insolita prontezza di riflessi risponde a suon di comunicati stampa, mail ai lavoratori, campagne pubblicitarie e pure il social media manager esordisce con meme in dialetto.

Per una azienda che notoriamente ha capacità di reazione pari a quella di un riccio che attraversa la strada al tramonto in aprile, mettere in moto tutte queste energie in tempi record ha del miracoloso.

Ma de che!

La svalutazione del marchio Coop è iniziata da tempo, da quando non è più esclusiva delle società Cooperative e viene ceduto al miglior offerente privato, in gergo si chiama Franchising. Di questa esperienza qualcuno può ricordare precedenti fallimentari come quello del settembre 2021 al negozio affiliato Unicoop Tirreno di Tivoli con il sequestro di tonnellate di merci avariate da parte dei Nas. Anche allora la responsabilità fu scaricata sul gestore affiliato, ma a farne le spese fu il marchio Coop.

Oppure con l’attitudine delle grandi Cooperative a creare società, spesso s.r.l nelle quali far confluire negozi di una determinata area o dimensione di vendita nelle quali il personale addetto pur vestendo la divisa Coop non ha gli stessi diritti dei colleghi assunti dalla “casa madre”. Così su Roma abbiamo Doc Roma, Distribuzione Roma, società di proprietà delle grandi Unicoop Firenze e Alleanza 3.0.

Unicoop Tirreno aveva creato la propria srl (DLU) poi reinternalizzata anni addietro per esigenze di bilancio.

Ma è proprio corretto dire che Unicoop Tirreno non c’entra nulla con Distribuzione Roma? Siamo sicuri che non sapeva e che non entrerà nelle sue casse nemmeno centesimo da questa operazione?

Premesso che il misero guadagno forse non coprirà l’investimento pubblicitario messo in campo, Unicoop Tirreno detiene il 2,7% di Distribuzione Roma (fonte bilancio Unicoop Tirreno 2021) che è quasi come dire che un negozio su 54 lo possedevano pure loro.

Ma il pilatismo dilagante non permette di chiarire questo piccolo particolare così come di specificare perché il portale al quale si accede alle buste paga dei dipendenti Unicoop Tirreno è lo stesso dei lavoratori di Distribuzione Roma e riporta il logo di entrambe le società.

Difficile quindi districarsi in questo groviglio disarmonico creato ad hoc per disorientare, rendere fluide le responsabilità e scrollarsele dalle spalle al momento opportuno.

Anche i 200 lavoratori del magazzino di Anagni non erano affar loro: di quel magazzino chiuso in un mese, hanno salvato solo la ditta che si era aggiudicata l’appalto, affidando loro la gestione del magazzino di Vignale Riotorto.

Ma de che!

E di Colleferro invece che ne facciamo? Vogliamo dare un buono sconto per tranquillizzare anche i soci di quelle zone oppure continuiamo a trattarli da “rami secchi” pronti per essere bruciati ai primi freddi autunnali?

Unicoop Tirreno dovrebbe rispondere di questo alla sua Proprietà CHE SONO I SOCI, dovrebbe rispondere anche sul perché condivide la pratica del Franchising, della creazione delle società di comodo, degli appalti nei magazzini, dell’estremizzazione dei part time e invece di affannarsi a difendere con frenesia una faccia che non ha più. Sarebbe opportuno anche che i dirigenti leggessero i commenti nelle loro pagine social per comprendere la reale percezione che il mondo circostante ha di Coop e il fango nel quale hanno trascinato il marchio.

Lo devono ai lavoratori che hanno investito le proprie energie nei progetti Coop, ai soci, ai soci prestatori, alle organizzazioni sindacali e alle autorità territoriali , tutti sbeffeggiati dalla supponenza dirigenziale…

Li m… Repubblica che confusione hai combinato!

Ma de che!