Coronavirus a Ostia: i lavoratori del Bangladesh sono sfruttati, non sono untori!

Cobas, l’emergenza sanitaria si sta trasformando velocemente in odio razziale. Dopo la chiusura dello stabilimento balneare La Vela, a Ostia, a causa dell’individuazione di un caso positivo di Covid-19 riferibile a uno dei dipendenti della struttura originario del Bangladesh, si è scatenata una vera e propria caccia alle streghe contro questi lavoratori. I più fragili, che spesso svolgono mansioni dequalificate per pochi euro l’ora, sfruttati da imprenditori italianissimi.

«L’emergenza sanitaria si sta trasformando velocemente in odio razziale – dichiara Francesco Iacovone, del Cobas nazionale – dal bengalese gettato nei navigli di Milano, a quello picchiato sulla spiaggia di Ostia. La vera piaga è invece lo sfruttamento del lavoro di bassa manodopera, operato sulla pelle dei cittadini provenienti dalle zone povere del mondo»

«All’indomani di un episodio del genere, le domande da farsi sono ben altre – prosegue il rappresentante sindacale – qual è il protocollo Covid adottato dallo stabilimento balneare? Perché non è stata misurata la temperatura all’inizio del turno di lavoro? Quali condizioni contrattuali vengono imposte a questi lavoratori? In quali condizioni sono costretti a vivere?»  

«Molti lavoratori, sia italiani che stranieri, non possono permettersi neanche la possibilità di potersi ammalare, perché rischiano di perdere l’unica – malpagata e precaria – fonte di sostentamento. E questo è sotto gli occhi di tutti, ma è più facile scaricare su un’intera comunità etnica la colpa del propagarsi di un virus che non guarda certo il colore della pelle o la provenienza geografica.. Esprimiamo solidarietà e vicinanza al lavoratore e a tutta la comunità del Bangladesh, che con la sua operosità concorre al funzionamento di una larga fetta di attività commerciali della città di Roma.» – conclude Iacovone

Roma, sabato 18 luglio 2020

Cobas Lavoro Privato