A pochi giorni dalla premeditata e vigliacca aggressione di una squadra di picchiatori contro i lavoratori Fedex-Tnt di Piacenza, ora la morte di un militante sindacale in cui è coinvolto un camionista che alla LIdl di Biandrate (No) ha forzato il blocco dei lavoratori togliendo la vita ad Abdil Belakhdin, 37 anni, coordinatore provinciale del SiCobas e ferendo altri due lavoratori. Abdil lascia moglie e due figli a cui va il cordoglio e la vicinanza della Confederazione Cobas, così come ai lavoratori in lotta da sei mesi nella difficile vertenza per i diritti negati in Lidl.
Il dolore e lo sgomento per un altro compagno che ha pagato con la vita il suo impegno sociale si aggiunge alla consapevolezza che quanto avvenuto non è né un caso né un evento incidentale. E’ evidente ormai a tutti che sia in atto un crescendo di violenze ed attacchi fisici anche estremi contro i lavoratori licenziati e/o che vogliono difendere il loro lavoro e che non si piegano all’arroganza delle ditte.
Attacchi a volte portati dalle cosiddette “forze dell’ordine” (l’”ordine” dello strapotere e della arroganza padronale), a volte direttamente da squadracce prezzolate che agiscono – come a Piacenza – sempre con la copertura e sotto lo sguardo compiaciuto e compiacente delle forze di polizia. In questo clima e con queste premesse arrivare all’omicidio è stato solo questione di tempo.
Da una parte una realtà di super-sfruttamento tramite la pratica degli appalti e subappalti al massimo ribasso, delle società cooperative prestanome e di comodo, con le case madri che a volte vengono pizzicate e messe temporaneamente in mora (Dhl, Elpe, …) ma sempre pronte a ripartire nel gioco del massacro dei diritti e del ricatto costante. E dall’altra chi ancora continua ad esprimere miseria culturale e politica parlando di “guerra tra poveri”, di necessario “abbassamento dei toni” , di urgente mediazione tra chi non vuole rassegnarsi ad essere carne da macello e chi invece vuole ripercorrere o accettare la strada della sopraffazione padronale come normale ed inevitabile.
Non c’è nulla da mediare, c’è da scegliere e dichiarare da che parte si sta. Ed agire di conseguenza, per unire le lotte ma anche e soprattutto per far crescere, per moltiplicare e coordinare rivendicazioni e bisogni di chi lavora.
Non è semplice. I padroni – per quanto si facciano la guerra a volte anche aspra tra loro – trovano sempre le loro opportune convergenze per difendere il primato del profitto sulla vita di chi lavora. E trovano sempre sigle sindacali concertative, collaborative, di comodo per avallare i loro appetiti.
Dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori invece la frammentazione della rappresentanza o addirittura la conflittualità tra sigle che pur si richiamano al conflitto sociale ed alla difesa diretta dei bisogni di classe diventano elementi non solo controproducenti ma spesso drammaticamente negativi.
Per esprimere e praticare vera e concreta solidarietà oggi non basta esprimere fratellanza/sorellanza e pronunciare appelli accorati al superamento degli ostacoli all’agire comune. Occorre proporre e sperimentare in fretta strade di ricomposizione sociale che lascino da parte contrapposizioni para-ideologiche, difesa di orticelli, pretese supremazie all’interno del bicchiere d’acqua, spocchie varie e timori di inaffidabilità e di relativa correttezza dei compagni di strada. Per superare questi problemi – reali e niente affatto ipotetici – l’unica strada è guardare avanti e condividere alcuni obiettivi e momenti di lotta.
In primo luogo lo sciopero generale contro il via libera ai licenziamenti, contro gli appalti-subappalti e per la internalizzazione dei dipendenti, contro i morti sul lavoro. Per rivendicare il diritto al lavoro stabile e in sicurezza, al reddito universale garantito, alla riduzione generalizzata dell’orario di lavoro. Uno sciopero per la difesa dei diritti fondamentali, a partire dal diritto di sciopero, di agibilità e organizzazione sindacale, con libere rappresentanze elettive.
Roma, 18 giugno 2021
COBAS Confederazione dei Comitati di Base