Gli attacchi al trattamento di fine rapporto… il TFR in busta paga

   La legge di stabilità del 2015 ha cominciato il suo brevissimo iter come Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) e prevedeva la possibilità per i lavoratori dipendenti privati di farsi liquidare una parte del TFR mese per mese, in busta paga.

    Una misura chiaramente di auto-cannibalismo: i lavoratori invece di ottenere aumenti salariali contrattuali pagati dai padroni, si aumentano lo stipendio mensile consumando una quota di salario differito destinato alla previdenza!

…La locuzione TFR in busta paga, usata da tutti i quotidiani, i media e gli stessi sindacati concertativi è, come spesso accade, un bel po’ truffaldina. Infatti il TFR è in busta paga tutti i mesi da oltre 40 anni. Solo che sta in fondo, spesso invisibile, tra le trattenute previdenziali.

   I padroni, anziché aumentare i salari ai lavoratori, spostano verso l’alto la voce e l’importo e potrebbero risparmiare qualche miliardo l’anno, non facendo i contratti o riducendo ancora l’importo degli aumenti salariali.

   La bufala che ha accompagnato l’iniziativa legislativa e negoziale con i sindacati concertativi è stata: “  innanzitutto, aumentare il potere di acquisto degli stipendi, che avrebbero subito un leggero aumento se arricchiti dal TFR. Inoltre, lo scopo era anche economico. Aumentando i soldi in tasca ai lavoratori si sarebbe potuto produrre un aumento dei consumi e, dunque, un rilancio dell’economia più in generale”.

    Fatto sta che dalle parole si è passati ai fatti. La Legge di bilancio 2015 ha infatti introdotto il cosiddetto QuIR (Quota integrativa della retribuzione) ossia il TFR in busta paga. In base a questa misura, che aveva carattere sperimentale, i dipendenti potevano richiedere, in una finestra temporale che andava dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, che il TFR venisse loro pagato in busta paga, direttamente insieme alla retribuzione pagata mensilmente. Questa possibilità, essendo la misura sperimentale, è in realtà ormai terminata a partire dalla busta paga di luglio 2018.

GLI ESITI DELLA LEGGE

   Poche misure destinate ad abbassare i salari e ad arricchire i padroni e i dividendi degli azionisti delle imprese, sono tanto chiare nel loro scopo. Ma i risultati della manovra sono stati illuminanti. “la sperimentazione del QuIR ha fatto registrare soli 387 mila aderenti ed è stata dunque un flop.”.

   Questa citazione tratta dal sito “LA LEGGE PER TUTTI” è stata condivisa da tutti gli osservatori un minimo indipendenti. Ma a causare il flop è stata la lucidità e la determinazione dei lavoratori che non hanno aderito. Ma, ahimè, quelli che hanno aderito, 387 mila lavoratori, hanno fatto risparmiare qualche milione ai loro “datori di lavoro” per 3/4 anni.

   Questa adesione inferiore al 2% dei lavoratori dipendenti privati segna, ancora una volta, il carattere antipopolare e contro i lavoratori, in combutta con i sindacati maggiormente rappresentativi, nei loro tentativi di depredare i salari dei lavoratori di una parte significativa del loro salario.

   Anche questo tentativo, rivelatosi inaccettabile e truffaldino, non fa demordere Confindustria, datori di lavoro, governi, e sindacati dal proseguire con tenacia lo stesso percorso già bocciato dai lavoratori.

   Infatti la stessa legge del 2015 prevede che: “Il lavoratore ed il datore di lavoro, possono firmare un accordo sull’erogazione di una o più anticipazioni del TFR. Il dipendente ha diritto ad ottenere una anticipazione del TFR in determinati casi previsti dalla legge e/o dal CCNL, ma nulla impedisce che, oltre questi casi, il datore di lavoro accolga la richiesta del dipendente di anticipare parte del TFR.

   Si dimostra ancora una volta a quale grado di organicità siano arrivati i sindacati firmaioli con l’economia liberista. Quando i lavoratori si dimostrano renitenti o oppositivi, subentra il sindacato non per difendere i loro interessi, ma quelli padronali.

Ermanno, Gaetano, Giacinto, Piero, Riccardo – Pensionati COBAS Roma