Egregio Presidente, in queste settimane abbiamo ascoltato con attenzione i suoi comizi e letto con interesse i suoi manifesti elettorali. «Prima le persone», «un’Italia più giusta», «fatti concreti contro le disuguaglianze» … fino alla citazione di Papa Francesco «I salari non devono essere troppo diversi o la società si ammala». Ci perdoni, allora, se ci permettiamo di evidenziarle che questi slogan elettorali, che condividiamo, ci appaiono in netto contrasto con la nostra esperienza lavorativa vissuta dentro le aziende sanitarie della Regione Lazio che, da oramai 10 anni, Lei dirige.
Noi siamo lavoratrici e lavoratori addetti ai servizi amministrativi negli uffici, negli sportelli CUP,nel ReCUP, nei centralini delle ASL e AO della Regione Lazio, reclutati attraverso società appaltatrici o agenzie di lavoro interinale, che da 10, 15, 20 e, in diversi casi, anche 30 anni subiamo, a parità di mansioni, una assoluta disparità di trattamento economico e di diritti rispetto ai colleghi “pubblici”.
Dentro le Aziende sanitarie della Regione che lei dirige è come se la nostra carta costituzionale, nata dalla Resistenza, fosse rimasta sospesa. In tutti questi anni abbiamo percepito retribuzioni medie di 600-900 euro mensili e paghe orarie di molto inferiori al personale interno (art. 36 Cost. «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»). Siamo all’80% donne a cui è impedita da decenni la crescita professionale e l’indipendenza economica dai padri e mariti (art. 37 Cost. «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore»). Da sempre le nostre postazioni lavorative (all’interno delle ASL o AO) sono quelle più disastrate, dove le norme più banali sulla salute e sicurezza del lavoro non sono rispettate; durante tutta l’emergenza sanitaria abbiamo continuato a lavorare in prima fila negli uffici, negli sportelli e negli hub vaccinali, a fianco del personale socio sanitario, ma non abbiamo percepito premi o qualsiasi altro riconoscimento per il lavoro svolto (art. 3 Cost. «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»).
Allora, le dobbiamo confessare che ascoltare e leggere tali slogan è per noi come se qualcuno ci sparga del sale sulle ferite aperte che portiamo sui nostri corpi, a causa dei decenni in cui siamo stati discriminati e privati della dignità del lavoro (Art 1 Cost. «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro»).
Ebbene, noi, oggi, siamo la Resistenza contro l’ingiustizia che quotidianamente si consuma sulla nostra pelle per mano dello Stato, per mano della Regione Lazio che Lei dirige e pretendiamo che anche per noi la Costituzione sia qualcosa di più che carta straccia.
Il prossimo 22 settembre sciopereremo in tutto il Lazio e manifesteremo dalle ore 10 sotto il palazzo della Regione Lazio perché pensiamo che i 10-20-30 passati a lavorare per garantire la salute al cittadino siano una “procedura selettiva” più che sufficiente per aspirare, finalmente, a percepire un giusto reddito e alla stabilizzazione del rapporto di lavoro.
Per questo le chiediamo di incontrarci personalmente alla Regione Lazio il prossimo 22 settembre al fine di convincerci che le sue parole, che abbiamo attentamente ascoltato e letto, non sono solo vuoti slogan da smerciare durante ogni campagna elettorale.
Lavoratrici e lavoratori Ammnistrativi degli uffici, dei CUP, del ReCUP, dei Centralini delle Sanità pubblica della Regione Lazio