Piattaforma rinnovo contrattuale Poste Italiane

INTRODUZIONE

Con la stantìa narrazione del taglio del debito pubblico per giustificare la svendita del patrimonio collettivo il governo e Confindustria propongono un ulteriore pacchetto postale da privatizzare. Perfettamente allineati nei comuni interessi la Cisl chiede di entrare nel consiglio di amministrazione, confondendo di proposito il ruolo del sindacato con quello degli azionisti.

Non erano necessari esperti economisti per capire già alla prima tranche di cessione quali sarebbero stati gli effetti su utenti e lavoratori.

Noi lo sappiamo da sempre e lo sapevano anche tutti coloro che la privatizzazione l’hanno voluta. Perché quello che denunciamo sistematicamente da anni è esattamente quello che volevano. L’effetto desiderato si traduce, in sintesi, proprio nei tagli del personale, nei relativi aumenti dei carichi, nell’esponenziale aumento dei rischi per la sicurezza, nei salari cristallizzati, nei diritti sottratti.

In questo contesto socio-economico maggiore rilevanza assume il contratto collettivo e il suo rinnovo urgente e non procrastinabile.

Se non altro, nella logica di azienda e sindacati di concertazione, per imbonire le Lavoratrici ed i Lavoratori in prospettiva delle ulteriori condizioni peggiorative che si profilano nei loro programmi privatistici.

Invece il rinnovo non è all’ordine del giorno e si profilano i soliti sistematici ritardi, anche questi, misure di profitto e risparmio per l’azienda e di perdita per chi lavora (solita una tantum non garantisce mai il recupero economico dei mesi di ritardo).

Puntuale, invece, è la nostra piattaforma rivendicativa, la cui attuazione opererebbe nella misura minima e graduale di compensazione di quanto negli ultimi anni è stato sottratto a Lavoratrici e Lavoratori nei termini economici e di tutela dei diritti.

PARTE ECONOMICA

Aumento dei minimi tabellari del 20%, circa 300€ mensili, a fronte di un necessario e non più rimandabile adeguamento salariale ai rincarati costi della vita tenendo conto dei tassi inflazionistici contingenti, del gap di quelli passati per i quali non vi è stato alcun pareggio remunerativo e dei tassi inflazionistici attesi nell’immediato futuro.

Nel solo 2022 l’eccezionale impennata inflazionistica dall’1,9% del 2021 ha raggiunto vette del 12%, mai così alta negli ultimi quarant’anni, tutti gli indici che misurano il rialzo dei prezzi hanno superato, negli anni del contratto vigente, valori superiori all’11% ad eccezione del parametro Ipca attorno al quale vengono parametrati i salari e che non tiene conto dei prezzi energetici di importazione. L’Istat ha misurato che in questi anni proprio la guerra legata ai beni energetici ha portato quattro milioni di lavoratori al di sotto della soglia di povertà assoluta, evidenziando la miserevole e vergognosa condizione salariale italiana, e il sistema aziende-sidacati-concertativi non ne vuole tenere conto. Poste fa utili da milioni di euro, distribuisce dividendi agli azionisti che non sono mai entrati in un ufficio postale, riempie di lauti compensi la classe dirigente e per chi lavora non si riconosce la drammatica condizione economica, attaccandosi ad indici costruiti su misura per far risparmiare le aziende. Noi rivendichiamo come sistema di misura l’unico valore economico che conosciamo: le nostre tasche sempre vuote.

L’importo indicato come aumento dei minimi tabellari è da intendersi immediatamente fruibile sin dal primo mese successivo alla sottoscrizione del contratto e in alcun modo spalmabile a scalini nel corso degli anni della sua validità.

Immissione in busta paga di tutti i premi, ad personam e a budget, e dei costi del welfare aziendale computati nei passati contratti come aumenti salariali da chi li ha sottoscritti.

I premi, là dove non erogati in maniera omogenea, rappresentano l’iniqua distribuzione salariale attraverso la quale l’azienda stabilisce gerarchie economiche anche nello stesso contesto lavorativo, rendendo di fatto Lavoratrici e Lavoratori non tutti uguali e creando sacche di assenzienti fidelizzati e plasmati alle logiche d’azienda che depotenziano l’espressione di rivendicazione collettiva dei colleghi maggiormente consapevoli.

Allo stesso modo le forme di welfare aziendale rappresentano l’iniqua distribuzione dei servizi ai soli occupati escludendo altre fasce di potenziali beneficiari attraverso la demolizione dello stato sociale e lo slittamento di questo in mano privata, mutandone il fine: da prestazione di servizi di prima necessità accessibili a tutti a mercato funzionale al profitto. Accrescendo, così e di fatto, il divario economico tra cittadini e il discrimine tra questi.

Retribuzione del tempo di viaggio casa-lavoro, computando questo come tempo funzionale al lavoro stesso, per tutte le Lavoratrici e Lavoratori che hanno fatto espressa richiesta di avvicinamento alla propria residenza.

Tale misura va parametrata in base alla distanza ed ai mezzi di percorrenza.

Allo stesso modo va previsto un indennizzo forfettario per chi domicilia e lavora fuori dalla propria Regione di residenza.

Questi strumenti si rendono altresì necessari al fine di stimolare l’azienda a stabilire criteri di prossimità con i luoghi di interesse esistenziale dei suoi dipendenti ai quali va riconosciuta la condizione di migliore benessere nella conciliazione vita-lavoro.

Ripristino degli scatti di anzianità come reale prospettiva futura di reddito per i dipendenti.

 

PARTE NORMATIVA

Riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali. Da considerarsi come esercizio graduale verso ulteriori diminuzioni del tempo prestato al lavoro.

Condizione realizzabile ad equilibrio dello sviluppo tecnologico che favorisce l’automatizzazione dei processi.

La tecnologia ha sempre svolto un ruolo determinante per i mutamenti del lavoro ma questa non può essere adoperata ad esclusivo vantaggio e profitto delle aziende ma messo a servizio della collettività fruitrice e dei lavoratori stessi che attraverso la ricerca e l’innovazione possono alleggerire i propri compiti e il tempo-lavoro ad essi richiesto.

Stabilizzazione di tutti gli ex CTD e assunzioni dall’ esterno per porre fine, dopo una seria e oggettiva mappatura, alla carenza di organico nei CMP, nei Centri di Recapito e nella Sportelleria. Si rende indispensabile l’adeguamento del personale tenendo conto delle reali esigenze dei cittadini/utenti con ripristino del turnover al 100%.

Tali misure ristabilirebbero l’adeguato carico lavorativo e le serene condizioni psico-fisiche che sempre più tendono a stati angosciosi e di stress correlato come conseguenza inevitabile delle nuove frontiere di organizzazione del lavoro basate sulle riduzioni di organico, sulle misurazioni delle prestazioni, sulla competizione, sulle pressioni e sulle contestazioni disciplinari come forma ritorsiva e punitiva.

Allo stesso modo una iniezione occupazionale renderebbe possibile la riduzione dell’orario indicato da questa piattaforma.

E soprattutto metterebbero fine, in poste, alla precarizzazione ed allo sfruttamento di lavoratori facilmente ricattabili appesi, dalla promessa di un rinnovo contrattuale, alla speranza di raggiungere la stabilità lavorativa e di vita per la quale spesso sono disposti ad accettare condizioni lavorative inadeguate di cui l’azienda fa gran profitto. Ragione per cui negli ultimi anni sono stati utilizzati decine di migliaia di Lavoratrici e Lavoratori a tempo determinato.

Introduzione terzietà nei provvedimenti disciplinari per togliere a Poste il potere sanzionatorio.

Così da scardinare la spirale per la quale chi ti contesta è lo stesso soggetto che ti sanziona, senza avere il parere di un terzo “arbitro” imparziale.

Attualmente alla contestazione aziendale e alla conseguente risposta del Lavoratore viene immancabilmente irrogata la sanzione. Ma poste va oltre perché laddove il lavoratore chiede l’arbitrato all’ufficio provinciale del lavoro, che appunto sarebbe il terzo elemento (neutrale), l’azienda non solo non accetta tale richiesta ma ricorre direttamente in tribunale.

Per cui per una sanzione anche minima e per sostenere le proprie ragioni, si profila la lunga via del tribunale con enormi spese di denaro pubblico per poste italiane e cifre insostenibili per i lavoratori salariati.

Questa consolidata prassi porta come conseguenza il rifiuto dei lavoratori ad impugnare le sanzioni loro comminate proprio per evitare gli eventuali costi di giudizio e lo stress psicofisico che esso comporta.

È evidente che questo “iter consolidato” ha come unico obiettivo quello di inibire i lavoratori nel rivendicare i propri diritti e dettare le regole anche se queste vanno in contraddizione con gli accordi firmati. L’azienda utilizza questo modus operandi abusando del potere disciplinare ad esclusivo proprio vantaggio, sperperando al contempo denaro pubblico (lo stato è ancora azionista di maggioranza) ed intasando i tribunali con controversie per le quali il giudizio più imparziale di un arbitro terzo potrebbe garantire una più bilanciata, corretta e meno dispendiosa, in tutti i sensi, soluzione.

Drastica riduzione delle forme di flessibilizzazione.

L’aumento salariale, la ridistribuzione dei benefici delle automazioni, il pareggio occupazionale con l’assunzione di tutti i Ctd neutralizzano qualsiasi necessità, aziendale e dei lavoratori (quando è volontaria), di ricorrere a forme di flessibilità lavorativa quali contratti a tempo determinato, part-time, clausole elastiche, prestazioni aggiuntive, distacchi, mansioni superiori e straordinari, che si traduce inevitabilmente con l’erosione della vita reale delle Lavoratrici e dei Lavoratori.

Nel percorso di completa abolizione va ridefinito il carattere di eccezionalità del ricorso allo strumento degli straordinari e i limiti massimi complessivi annuali e settimanali.

Esonero dalle prestazioni di recapito al compimento del venticinquesimo anno di svolgimento della mansione di portalettere e al raggiungimento dei limiti di età considerati nella misura di 58 anni per gli uomini e 55 per le donne e riconoscimento del lavoro del portalettere come lavoro usurante con relativo adeguamento alle condizioni pensionistiche.

NOTE

I punti indicati nella presente piattaforma vanno estesi ai contratti di tutte le società del gruppo. Di queste non possono essere ceduti rami d’azienda ma va progettata una riunificazione aziendale con assorbimento dei dipendenti delle società satelliti a Poste Italiane.

http://cobasposte.it/piattaforma-rinnovo-contrattuale

COBASposte ottobre’23