Tavolo permanente per i lavoratori dei musei, degli archivi e delle biblioteche istituito dal Ministero della Cultura. Il nostro intervento per rivendicare l’internalizzazione dei servizi e dei lavoratori

Il 2 marzo 2021, si è svolta la prima riunione relativa al Tavolo permanente per i lavoratori dei musei, degli archivi e delle biblioteche istituito dal Ministero della Cultura, costituito al fine di esaminare “le problematiche connesse all’emergenza da COVID-19 nel settore di competenza” e valutare “l’adozione delle opportune iniziative relative alle misure per far fronte ai danni diretti e indiretti derivanti dall’emergenza sanitaria, con particolare riguardo alla tutela dei lavoratori.” Il Tavolo era presieduto dal Direttore generale Musei, Massimo Osanna.

Ha partecipato all’incontro il nostro delegato Luigi Napolitano, membro dell’Esecutivo Provinciale di Napoli e lavoratore “storico” degli scavi di Pompei e del Parco del Parco Archeologico di Ercolano, unico lavoratore tra i circa 100 partecipanti.

Riportiamo di seguito il contenuto del suo intervento.

Volevo ringraziare il professore Osanna per aver menzionato “la spada di Damocle” della Corte dei Conti. Noi siamo lavoratori di un oligopolio di aziende private che da circa vent’anni gestisce i servizi che vengono ritenuti cosiddetti “aggiuntivi” ma che in realtà servizi aggiuntivi non sono. Sappiamo bene che in Italia questo nucleo ristretto di aziende e cooperative gestisce l’ufficio informazione, i servizi di controllo accessi, l’accoglienza, la biglietteria; queste attività vengono svolte da lavoratori, molti dei quali diplomati e laureati, che da 20 anni esercitano la propria mansione in condizioni difficili: costretti a lavorare esposti alle intemperie, al caldo torrido estivo e al freddo invernale come si verifica per gli addetti al controllo degli accessi, senza luoghi idonei dove consumare i pasti, senza avere a disposizione neanche gli spogliatoi. Nel corso degli anni hanno subito aggressioni verbali e anche fisiche da parte di alcuni turisti, perché in un sito come il Parco archeologico come quello di Pompei che ha ricevuto fino al 2019 circa 4 milioni di visitatori all’anno, fatti del genere sono capitati e potranno capitare in futuro. Malgrado ciò abbiamo sempre lavorato con senso di responsabilità e spirito di abnegazione.

Possiamo dire che questa pandemia ha soltanto acuito dei problemi e delle criticità che attanagliano le lavoratrici e i lavoratori da molti anni. Ai tanti problemi si aggiunge ora anche quello economico dovuto all’applicazione degli ammortizzatori sociali. Basti pensare che la cassa integrazione prevede una retribuzione che mediamente equivale a 7-800 euro al mese. Se pensiamo al costo degli affitti, delle utenze, ecc. con questa retribuzione i lavoratori non sono in grado di garantire a loro stessi e alle loro famiglie un adeguato sostentamento.

Come organizzazione sindacale siamo stati promotori già da qualche anno di molte manifestazioni: abbiamo organizzato scioperi, presidi sia davanti ai cancelli del Parco Archeologico di Ercolano sia a Pompei, davanti alle sedi INPS. In queste iniziative sindacali abbiamo rivendicato l’internalizzazione dei servizi e dei lavoratori da parte del MiC, così come si è proceduto recentemente per i collaboratori scolastici: migliaia di collaboratori scolastici sono rientrati alle dirette dipendenze del Miur.

Crediamo che sia una questione di giustizia, anche in considerazione del fatto che, per sopperire all’atavica carenza di personale certificata dallo stesso Consiglio superiore dei Beni Culturali, il MiC sta assumendo, tramite centri per l’impiego con il requisito della licenza media, lavoratori disoccupati di lungo corso per svolgere la mansione di accoglienza e vigilanza e di recente sono uscite anche le graduatorie per i vari comuni italiani, erano stati previsti l’anno scorso 500 assunzioni, cioè un reclutamento di nuovo personale che svolgerà le stesse mansioni che da circa 20 anni vengono svolte da lavoratori di società private in appalto. Ora io credo che in un qualsiasi azienda del mondo, per svolgere una specifica mansione all’interno di una realtà lavorativa, venga richiesta per l’assunzione almeno un’esperienza lavorativa specifica.  Ebbene, noi abbiamo 20 anni di esperienza lavorativa, ma questa però non ci viene riconosciuta. 

Siamo stati abbandonati da un anno a questa parte: dal primo lockdown, abbiamo avuto una ripresa parziale dell’attività lavorativa con una media di 40-50 ore di lavoro mensili con un’integrazione della dell’INPS che arriva puntualmente con 3-4 mesi di ritardo.

Noi rivendichiamo l’internalizzazione così come fanno da anni anche associazioni culturali, altri sindacati di base. Molti addetti ai lavori all’interno del MiC condividono anche questa nostra posizione. Ho parlato personalmente con funzionari, archeologi, dipendenti del Mibac e sono tutti concordi nel ritenere che lo stesso MiC determinerebbe un cospicuo risparmio economico se gestisse direttamente certi settori, certe mansioni, certe attività lavorative. Dico questo anche in considerazione del fatto che tante aziende e tante cooperative che gestiscono questi servizi sono in regime di proroga addirittura dal dall’anno 2004.

Per concludere, noi rivendichiamo l’internalizzazione come soluzione al regime di precarietà al quale sono sottoposti centinaia di lavoratori e che continueremo a lottare per raggiungere questo obiettivo. Per questo sono in previsione altre manifestazioni, altri presidi per l’internalizzazione dei servizi, dell’attività e dei lavoratori privati storici all’interno del MiC.

Grazie

Cobas Lavoro Privato