Trattamento di Fine Rapporto (TFR)… la storia

  Il TFR ha costituito per decenni la forma di previdenza più evoluta: copriva il rischio di una malattia grave, un contributo per il diritto all’abitare, da versare agli eredi in caso di morte, un gruzzolo di denaro (circa una mensilità per ogni anno lavorativo), una forma di risparmio protetto e garantito dalla legge.

   Già dal 1927 esisteva il diritto ad una indennità di anzianità.  Riformata da una legge del 1982 con il Trattamento di Fine Rapporto, a volte chiamato: Liquidazione. La legge imponeva la garanzia del pagamento in tutti i casi e aumentava l’entità dell’importo calcolato sull’importo del salario dell’ultimo salario percepito

   Chi ha memoria o conoscenza delle lotte operaie negli anni ’70 sa quanto il TFR abbia funzionato anche come sostegno alle lotte operaie, alle occupazioni, anche nei casi in cui i padroni fallivano o scappavano.

   Infatti presso l’INPS era raccolto un “fondo di garanzia” pagato con uno 0,5% del salario mensile destinato a garantire comunque il Pagamento del TFR ai lavoratori anche in caso di fuga del padrone o di contenzioso tra operai ed impresa.

   La forza dei lavoratori era testimoniata anche dalla particolare forma di legge, Il Codice Civile  che regolava il TFR:

Art. 2120. Disciplina del trattamento di fine rapporto.

 In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno.(oggi è costituita da il 6,91% dell’importo del salario mensile lordo)

   Sostanzialmente una mensilità per ogni anno, o frazione, di lavoro prestato nella stessa impresa.

   Il TFR è oggi la forma di risparmio più adeguata e conveniente di risparmio popolare e per i lavoratori. Il Trattamento di Fine Rapporto viene rivalutato ogni anno con due forme diverse e concorrenti.

   La prima è una rivalutazione fissa dell’1,50%, un interesse non conseguibile con nessuno delle altre forme di risparmi: si pensi che in questi mesi i Buoni del Tesoro a tre anni garantiti dallo stato hanno fruttato il meno – 0,14% annuo, ciò significa che chi sottoscrive i buoni avrà sicuramente meno di quanto ha versato (v, Il Sole 24 ore 14.10. 2020). Poi ci saranno da pagare le commissioni per la custodia dei titoli, e le relative tasse.

   A questa si aggiunge contemporaneamente la rivalutazione del 75% della inflazione rilevata dall’ISTAT attraverso l’indice FOI (Aumento dei prezzi per le famiglie degli Operai e Impiegati).

   Ma il carattere più prezioso è che il TFR, diversamente da tutte le altre forme di risparmio, non viene convogliato nel mercato finanziario, ha una struttura intrinsecamente garantita, sia dei versamenti che nei rendimenti/ rivalutazione. Non subisce nessuna forma di capitalizzazione ed è quindi al riparo da tutti i rischi del mercato: volatilità, attacchi dai fondi capitalistici e redditieri, da ogni forma di crisi bancari, finanziaria, economica, bellica, o di altro genere.

   Il TFR negli ultimi anni è stato oggetto di parecchi attacchi. Ne parleremo nelle prossime puntate. Alcuni di questi attacchi sono falliti ed hanno solo lasciato qualche graffio all’impianto di questo prezioso tassello dello stato sociale, altri attacchi sono ancora in corso e Confindustria e Finanza si stanno adoperando, con l’attiva collaborazione dei Sindacati concertativi, per sottrarre il TFR ai lavoratori.  Il TFR non è sintomo dello “stato del Bengodi”, ma una forma di salario differito con una forte componente “anticrisi”, tutti i tipi di crisi che assumono caratteri finanziari. Il TFR è una forma di risparmio popolare non dipendente dalle regole  imposte dal “mercato” , disponibile a soccorrere l’economia reale in tutte le circostanze in cui i prodotti finanziari contribuiscono ad approfondire ed accelerare le crisi.

Ermanno, Gaetano, Giacinto, Piero, Riccardo – Pensionati COBAS Roma