IL 3 MARZO 2015 E’ MORTA UNA COLLEGA DI 37 ANNI, A MONSELICE (PD) MENTRE EFFETTUAVA IL SUO GIRO. IN QUALSIASI MODO GLI IRRESPONSABILI PREPOSTI CERCHERANNO DI MISTIFICARNE LE CAUSE E SMINUIRNE LA GRAVITA’, QUESTA E TUTTE LE ALTRE MORTI IN POSTE ITALIANE, DOVRANNO PESARE COME UN MACIGNO SULLE SPALLE DI CHI NEGLI ULTIMI ANNI HA COSTRUITO UN’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO CHE GUARDA SOLO AL PROFITTO E SACRIFICA LA VITA E LA SICUREZZA DEI POSTINI.
NON PER SPECULARE, MA PER RIFLETTERE.
– Elvio Della Vedova, 57 anni, 23 agosto 2012, Sondrio, lascia la moglie e due figlie.
– Luca Sabatelli, 19 anni, 21 marzo 2013, Bressana Bottarone, Pavia, contratto a termine.
– Daniela Caponi, 32 anni, 16 ottobre 2014, Sant’Elpidio a Mare, FERMO, Lascia una figlia di 15 anni.
– Fabio Bacchi, 49 anni , 21 ottobre 2014, Sabbioneta, MANTOVA, .
– Laura Zattarin, 37 anni, 3 marzo 2015, MONSELICE, Padova, lascia il marito e due bambini di tre e sei anni.
Tutti, FASTIDIOSI incidenti stradali per chi sta manovrando?
Sarebbe come dire che i sette operai della thyssenkrupp, i 66 della Eternit (più gli altri 2.823), i 7 operai/e cinesi a Prato, (perché basta guerra tra poveri, gli stranieri qui in Italia, lavorano e muoiono come noi), i tre operai manutentori di Caltanissetta, i quattro operai di Adria, stessero facendo altro, non il proprio lavoro, sarebbe come dire che non sono infortuni ma semplici incidenti, che non vi sono responsabili ma solo fatalità, o peggio, colpa di chi muore!
1.300 MORTI SUL LAVORO NEL 2014, PER PURA E SEMPLICE FATALITÀ.
LA STRADA E’ IL NOSTRO LUOGO DI LAVORO E QUELLO CHE CI ACCADE LI E’ SEMPRE INFORTUNIO!
Per chi sta col culo caldo e si stanca da morire per “motivare i postini scansafatiche” e approfittarsi vergognosamente dei più deboli spremendoli a morte, il rischio grande è che si rompa l’aria condizionata. Fingono di non sapere che i portalettere hanno un alto rischio di infortunio, perché siamo per strada, in mezzo al traffico e con qualsiasi condizione climatica.
Certo, i pericoli non si possono eliminare, ma il rischio si, basta volerlo, invece, gli individui che si promuovono padroni anche delle nostre vite, vanno in direzione opposta.
Aumentano il tragitto, le ore sul motorino, i volumi da portare, i ritmi di lavoro, la pressione, lo stress.
La nostra salute e la nostra vita sono sempre più a rischio, però, il risparmio dell’azienda è salvo, così si può allegramente vendere tutto!
Si accorpano i centri di distribuzione, si aumenta l’orario giornaliero e il carico di lavoro per tagliare zone (14.000 ca. negli ultimi 5 anni), lo straordinario diventa ordinario e ben oltre le due ore al giorno permesse dalla legge; la sostituzione di colleghi assenti è ormai la norma.
I mezzi, (moto, macchine e quadricicli) fanno pena e gli strumenti “per velocizzare il lavoro” lo stesso, (palmari in primis).
Se l’azienda non ci tutela, dobbiamo iniziare a farlo da soli.
Abbiamo il diritto (nessuno potrà mai dirci niente) ed il dovere, di rifiutare condizioni di lavoro pericolose; dobbiamo imparare a dire di no ogni volta che non sono rispettate le norme di sicurezza.
Se ci accade qualcosa, più o meno grave, nessuno ci ridarà la salute (o la vita…), niente ci solleverà dal rimorso di non essere stati capaci di dire di no, di aver dato più importanza ad un maledetto “obbiettivo” che a noi stessi.
Noi ci prendiamo le nostre responsabilità tutti i giorni, stando “in trincea” lor signorini, iniziassero a prendersi le loro smettendo di intascare i nostri soldi!
Tutti, giovani ed anziani, dobbiamo capire che si lavora per vivere e non il contrario; che obbedendo servilmente contribuiamo a costruire il meccanismo della contrapposizione tra lavoratori che tanto piace al padrone, la cultura del bisogno e del ricatto che ci relegherà sempre più ad una condizione di servilismo; che l’indifferenza è la rovina.
È necessario iniziare a pretendere rispetto.
È necessario iniziare a praticare i diritti oltre ai doveri.
È necessario iniziare a parlare seriamente di SICUREZZA SUL LAVORO E DI LAVORO USURANTE.
COBAS POSTE
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