Sanità del Lazio – Sfruttamento del lavoro e illegalità! La società GPI, un caso nazionale

Sfruttamento del lavoro e illegalità. Basta ipocrisia, è bene utilizzare i termini corretti per descrivere quanto avviene nel mondo degli appalti in generale e in quelli della sanità pubblica in particolare.

Lo sfruttamento del lavoro messo in opera dalla società GPI spa di Trento è oramai un caso nazionale. Infatti, la società GPI si sta aggiudicando gli appalti dei servizi CUP (centro unico di prenotazione) in buona parte delle regioni italiane (tra le quali Lazio, Abruzzo, Puglia, Sicilia, Piemonte, Lombardia, Trentino), sia per le attività degli sportelli fisici, front e back office, sia per quelle di call center, e dei servizi amministrativi, sottomansionando e sottopagando il personale. Una pratica nei fatti illegale, considerando che a fronte del III livello (mansione fattorino) CCNL Multiservizi applicato da detta società, per le medesime mansioni il personale assunto dalle strutture sanitarie pubbliche è inquadrato in livelli contrattuali decisamente superiori, area C CCNL Comparto sanità pubblica (impiegato di concetto).

Tutto ciò avviene sotto gli occhi e con la regia degli amministratori pubblici di molte Regioni Italiane, tra queste la Regione Lazio di Nicola Zingaretti, che fanno carta straccia delle regole costituzionali e legali del nostro Paese pur di agevolare i profitti delle aziende private.

Appalti pubblici che vedono come protagonisti, in quanto vittime, migliaia di lavoratrici e lavoratori, l’80% donne e nella quasi totalità con contratti a tempo parziale, ai quali è negato il diritto ad un giusto reddito e al riconoscimento professionale adeguato alle mansioni svolte in anni di precarietà; ai quali è impedita, peraltro, la possibilità di conciliare il tempo di lavoro con il tempo della vita personale (per la cura della famiglia o per effettuare un’ulteriore attività lavorativa), vista la sistematica violazione della normativa a tutela dei lavoratori a tempo parziale che impone la puntale indicazione della griglia oraria e la volontarietà delle clausole flessibili.

Le norme violate con gli affidamenti alla società GPI e alle altre società, tra le quali SDS srl, che applicano inquadramenti inferiori a quelli previsti per personale dipendente della sanità pubblica e che non rispettano le tutele del lavoro a tempo parziale sono numerose:

ART. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. …;

ART. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. …;

ART. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. …;

ART. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. …;

ART. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore;

ART. 97, comma 6, d.lgs. 50/2016 – Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

ART. 2, co. 2, del D.Lgs. 61/00 (così come novellato del D.Lgs. 81/15) – “nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno”.

Gli amministratori pubblici delle regioni italiane che appaltano alla GPI e alle altre società private, consapevoli del sottoinquadramento, privano il personale precario dei diritti e delle tutele fondamentali secondo quanto disposto dalla Costituzione e dalla legge, certi dell’impunità che garantisce un sistema giudiziario lento e farraginoso. Di ciò sono corresponsabili, a pari titolo, sia le autorità politiche – Presidenti e Giunte regionali – che quelle amministrative – Direttori e responsabili dei procedimenti delle ASL e A.O. che stipulano i contratti con le società appaltatrici.

Basta, non si può più tollerare che tale sistema di sfruttamento prosegua impunemente. Il sistema degli appalti della sanità rappresenta solo un maggior costo per le casse pubbliche, serve un radicale cambio di rotta affinché si avvii un percorso generalizzato di internalizzazione di tutte le attività in appalto che porti alla stabilizzazione definitiva dei lavoratori precari, nonché al riconoscimento delle mansioni svolte e di una retribuzione adeguata.

Nel Lazio, le lavoratrici e i lavoratori dei servizi CUP, ReCUP e Amministrativi continueranno le mobilitazioni finché giustizia non sarà fatta contro l’illegalità e lo sfruttamento del personale in appalto, fino a che non sarà stoppato definitivamente il sistema di sfruttamento messo in opera dalla società GPI (unitamente alle associate Mimosa ed In Opera) e non sarà riconosciuto il corretto inquadramento e la giusta retribuzione a tutto il personale che opera in appalto, rendendosi disponibile a supportare anche le lavoratrici e i lavoratori delle altre regioni che vorranno unirsi a tale percorso di lotta.

Roma, 27 dicembre 2018

Cobas Capodarco – Cobas NTA/Camus – Cobas Maggio 82

Cobas GPI/InOpera/Mimosa – Cobas SDS/TV Service

Cobas del Lavoro Privato